Abitare il piemontese: la parola di questa settimana è Marì

Vuol dire maligno, malvagio, cattivo, sgradevole, scadente, sgarbato

Abitare il piemontese: la parola della settimana è machinëtta

ABITARE IL PIEMONTESE Un giorno mi accadde di presentare una signora a un amico e lo feci in piemontese. Chila a ȓ’è Maria (lei è Maria). L’interlocutore mi rispose con tono serio che non le sembrava affatto una cattiva persona. Ci facemmo una risata poiché la doppia valenza di quella parola può trarre in inganno: da una parte il nome femminile più pacifico e buono di tutti, dall’altra un aggettivo pernicioso. Ecco che questa settimana giochiamo con quell’aggettivo che al maschile si pronuncia marì e al femminile marìa (pur non avendo riferimenti con il nome proprio).

Il significato di questa parola verte sul negativo. Si può tradurre con cattivo, sgradevole, scadente, fino a definizioni più severe come malvagio o maligno, oltretutto assonante a marì. È dunque chiaro che la qualità dell’oggetto definito marì o marìa sia indiscutibilmente mediocre. Dicesi marì di un cibo avariato, scaduto, ammuffito o semplicemente sgradevole: oh s’o ȓ’è marì (oh com’è cattivo), ma anche di una persona chiel là o ȓ’è marì (quel tale è perfido).

I documenti linguistici guidano in due direzioni etimologiche. La prima, verso il germanico antico, con la parola marrjan (ostacolare, arrestare, irritare), dal gotico marzjan, da cui deriva il francese antico se marrir affliggersi). Il participio passato di questo verbo si presenta in area galloromanza con varie sfumature di significato, da afflitto, triste, offeso, miserabile, cattivo, di qualità scadente al piemontese marì, uomo in cattiva salute. In quest’ultima accezione l’aggettivo è limitato al francoprovenzale meridionale e alle confinanti aree occitane. La seconda via, non meno interessante, conduce al latino malignum.

I confronti con altre lingue sono curiosi: dal provenzale marrit al borgognone marrir, dalla linguadoca marrido al catalano mari (povero disgraziato). Tornando al piemontese, ci sono modi di dire che danno sfogo a importanti metafore dal tono deciso e perentorio: esse marì pai d’o tòssi (essere sgradevole come il veleno o come la peste), esse marì pai ‘d ȓa fé neiȓa (essere maligni come la pecora nera), ma il non plus ultra della proverbialità popolare è esse marì pai ‘d ȓa marda dij Carabigné (essere cattivo come gli escrementi dei Carabinieri).

Paolo Tibaldi

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