
ABITARE IL PIEMONTESE Le parole, come le persone, hanno una data di nascita, una storia, un nome. In questo caso sono tre le accezioni piemontesi per definire lo stesso animale: il coniglio (oryctolagus cuniculus). Ecco perché in italiano si chiama coniglio e in piemontese cunìj! Il suo nome deriva dal latino cuniculus, cioè buca sotterranea, riferita alle tane scavate dall’animale. Un riferimento letterario di cunìj è rappresentato da una poesia di Nino Costa scritta nel 1926: La rivòlta dij cunìj (la rivolta dei conigli). La cunijà è la nidiata di conigli, detta anche nià ‘d cunìj e la cunieȓa è la gabbia, la conigliera. Da notare i toponimi: Coniolo in provincia di Alessandria e Cunico nell’Astigiano.
Il coniglio si chiama anche lapin. La parola piemontese evoca inconfondibilmente il francese lapin o il portoghese làpim, ma più anticamente c’è il latino lepus cuniculus, il coniglio selvatico. Esse ‘n lapin è sinonimo di essere pauroso e, anche qui, la gabbia, è definita lapineȓa. La prolificità riproduttiva dei conigli, porta la lingua piemontese a definire lapin-a oppure përra una donna molto prolifica. Lo stesso succede anche con la parola përro/përra.
Chissà da dove arriva përro (pronuncia: përru)! Ci siamo messi alla ricerca di una risposta, incuriositi dal fatto che in lingua spagnola perro significhi cane. Siamo sempre nella sfera degli animali. La base onomatopeica br-r esprime anticamente grida di richiamo di animali, in particolare pecore e capre, o rumori degli stessi animali (talvolta del suono riprodotto durante la fitta masticazione) con reduplicazione espressiva tipica infantile. In effetti l’assonanza rimanda anche a bero (montone) e bërra (pecora). C’è anche chi ipotizza una connessione con il richiamo dei cani da pastore nella sorveglianza delle greggi.
C’è poi quel modo di dire curioso: esse dȓa fòrsa dëȓ përro giàj (essere della forza del coniglio chiazzato di biondo-rossiccio). Non è dato a sapere il perché: è solo una questione d’ immaginario. Che questi conigli fossero più deboli della nidiata? Sarà!
Paolo Tibaldi
