PENSIERO PER DOMENICA – SANTISSIMA TRINITÀ – 26 MAGGIO
Nel sentire comune, il Dio-Trinità è il Dio lontano per eccellenza, il mistero più oscuro e impenetrabile, di fronte al quale è meglio sospendere ogni ragionamento, per limitarsi a credere e basta. Le letture della Messa smentiscono clamorosamente questa immagine, presentandoci non un Dio lontano, ma presente, vicino a noi: nella storia, nella Chiesa, dentro di noi.

La presenza di Dio nella storia è una delle radici della fede ebraica, che ci viene proposta nella prima lettura (Dt 6,32-40), nella veste letteraria di un discorso di Mosè. Il popolo ebraico è arrivato alla fede non guardando i fenomeni naturali come i popoli orientali o tramite ragionamenti astratti, come i filosofi greci, ma sentendo Dio accanto nella liberazione dalla schiavitù d’Egitto. Non è facile per noi oggi cogliere la presenza di Dio nella storia; troppe guerre, troppi morti, dolore e ingiustizie. Abbiamo bisogno che la parola di Dio ci ricordi questo principio cardine della nostra fede. Abbiamo bisogno di uomini di Dio come Mosè, che ci guidino a scoprire i segni della presenza e dell’azione di Dio. Ci prova papa Francesco, ma anche lui incontra grandi difficoltà.
La presenza di Dio nella Chiesa dovrebbe essere cosa ovvia. La Chiesa è una realtà visibile, con alle spalle una lunga storia, anche se non sempre edificante, con i suoi luoghi di culto, arricchiti da capolavori artistici immortali, con le sue istituzioni, la sue feste, i suoi uomini. Ma tutto questo non basta. Secondo le parole di Gesù, riportate dal Vangelo di Matteo (28,16-20) c’è un segnale più importante e decisivo della presenza di Dio: la capacità di andare in tutto il mondo per annunciare ovunque il Vangelo. Il segno più chiaro della presenza di Dio nella Chiesa è la capacità di annunciare il Vangelo, lo slancio missionario. Oggi non facile da cogliere!
ANNO DELLA PREGHIERA – 17. Pregare è il modo migliore per scoprire che Dio è presente in noi. Ce lo ricordano il segno della croce e la formula con cui inizia e finisce ogni preghiera: «Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Il nome evoca una presenza: ogni volta che preghiamo siamo alla presenza di Dio. Ma san Paolo, nella lettera ai Romani (8,14-17), va oltre e arriva a dire che quando preghiamo, dentro di noi è presente lo Spirito Santo. Ci indica anche qual è il segno di questa presenza: percepire che Dio è per noi un Padre che ci vuole bene, che aspetta solo che noi ci abbandoniamo a lui con fiducia. Da soli non possiamo arrivare a questa fede: con l’aiuto dello Spirito, sì.
Lidia e Battista Galvagno
