
IL CASO I produttori di nocciole della Tuscia, in Lazio, hanno scritto una lettera a Ferrero per chiedere di ricontrattare il giusto prezzo del loro prodotto, che non risulta più adeguato al periodo.
Dopo la denuncia del sindacato Usb sulle condizioni delle lavoratrici delle cooperative a cui “il gigante buono” appalta il confezionamento di molti prodotti dolciari, di cui Gazzetta d’Alba ha parlato per prima dallo scorso luglio, scende un’altra ombra sull’immagine ideale che da sempre caratterizza l’azienda albese.
Scrivono i produttori laziali, riuniti in alcune rappresentanze locali: «L’avvio di un investimento importante, come lo stabilimento di Korvella Spa sul nostro territorio e il contestuale avvio del progetto “Nocciola Italia” (con cui la stessa Ferrero ha potenziato la produzione di nocciole made in Italy, ndr), hanno suscitato in noi un grande sentimento di speranza e fiducia sia nel nostro lavoro e sia nel sostegno della vostra azienda».
Oggi qualcosa sembra cambiato: «Gli studi fatti sul giusto prezzo delle nocciole da riconoscere al produttore, all’epoca dell’avvio del progetto Nocciola Italia, oggi non sono più attuali e prezzi così attentamente stabiliti non tengono affatto conto delle sopravvenute contingenze sia economiche, che politiche, che climatiche e che globali».
Dalla pandemia alle guerre, dai costi della manodopera a quelli dei concimi, senza dimenticare la concorrenza delle nocciole provenienti dall’estero, sono diverse le cause dei rincari citate dai produttori.
«A tutto ciò si aggiunge la famigerata griglia che determina le fasce di attribuzione del prezzo delle nocciole e che penalizza il prodotto made in Italy, soprattutto quello destinato progetto Nocciola Italia», scrivono ancora, chiedendo un incontro per ritrattare il prezzo.
