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«Se Ferrero non ci ascolta, urleremo più forte»: la protesta delle lavoratrici della Proteco oggi in via Vivaro

A Castagnito, all'ex cooperativa Gtpm, si confezionano molti prodotti Ferrero. Per le lavoratrici, sostenute dal sindacato Usb, la retribuzione e le mancanza di stabilità sono inaccettabili. Oggi la protesta arriva di fronte ai cancelli del colosso dolciario.

«Se Ferrero non ci ascolta, urleremo più forte»: la protesta delle lavoratrici della Proteco oggi in via Vivaro
La protesta di fronte alla Proteco, la scorsa settimana.

ALBA Tutto è rimasto come sempre, tra retribuzioni non adeguate e nessuna stabilizzazione. Giovedì scorso, 26 settembre, circa sessanta lavoratrici della Proteco di Castagnito si sono fermate per partecipare allo sciopero indetto dall’Usb, l’Unione sindacale di base. A inizio estate, Gazzetta d’Alba ha sollevato il velo sul caso. A preparare per la vendita molti prodotti Ferrero, sono quasi sempre mani di donne. Il colosso dolciario, ormai da decenni, esternalizza parte del confezionamento. È questo che si fa alla Proteco.

Per il sindacato, il meccanismo non fa altro che comprimere i costi della manodopera e i diritti. Per questo, dopo mesi di trattative infruttuose con la società, è stato organizzato lo sciopero. Ora le lavoratrici sono pronte a fare sentire la propria voce di fronte ai cancelli della fabbrica del cioccolato il 3 ottobre. Ne parliamo con Vincenzo Lauricella, dirigente e membro del Coordinamento nazionale lavoro privato dell’Usb.

È cambiato qualcosa rispetto a luglio, Lauricella?

«La situazione non è differente. Le lavoratrici versano nelle medesime condizioni: precarietà contrattuale e povertà salariale».

Dopo lo sciopero a Castagnito, oggi si attende una manifestazione di fronte ai cancelli Ferrero: perché?

«Quella del 26 settembre è stata una prima azione di fronte alla società appaltatrice. L’abbiamo ritenuta necessaria dopo la conclusione della sterile trattativa dei mesi scorsi. Il confronto, avvenuto tramite l’intermediazione dell’Associazione commercianti albesi, si è rivelato solo un tentativo di Proteco di guadagnare tempo. Abbiamo registrato la totale indisponibilità a concedere qualsivoglia miglioria. La controproposta, vagliata e digerita dai sindacati Cisl e Uil, è stata di concedere un anticipo dell’aumento già previsto dalla contrattazione nazionale. In sostanza, si voleva far passare un anticipo come un reale incremento della retribuzione».

Come hanno reagito, alla fine, gli altri sindacati?

«Nessuna delle altre sigle ha sostenuto le rivendicazioni. Hanno accettato la proposta di Proteco. Diverse decine di lavoratrici operano con contratti a termine che si chiudono nell’anno. E la società scarica l’onere della disoccupazione sull’Inps, e quindi sulla collettività, per poi ricominciare l’anno successivo con un nuovo contratto, sempre a termine. Abbiamo peraltro appreso dal- l’Associazione commercianti che, sull’altro tavolo sindacale, è stata registrata la defezione di Cgil, che non ha sottoscritto l’ultimo accordo. Qualcosa, a quanto pare, inizia a scricchiolare».

La Ferrero, in tutto questo, a oggi è intervenuta in qualche modo?

«Non è pervenuta alcuna comunicazione. L’atteggiamento è di disinteresse e di chiusura. Il sistema degli appalti ha proprio questo fine: scaricare i problemi sulla società appaltatrice e, in ultimo, sui lavoratori. Abbiamo anche avuto notizia dalla dirigenza Proteco che la multinazionale ha persino rinnovato per un altro anno l’appalto del confezionamento, senza ritoccare la tariffa. È il motivo per cui la prossima agitazione sarà organizzata di fronte allo stabilimento albese del colosso del cioccolato».

Per riassumere, oggi perché la situazione è così problematica?

«Parliamo di povertà salariale, con contratti cuciti ad hoc sull’appalto, con il benestare dei sindacati. Le lavoratrici, assunte a tempo indeterminato, hanno per molti anni lavorato solo nei periodi utili alla produzione Ferrero. Nei restanti mesi, anche quattro all’anno, venivano sospese dall’impiego e dalla retribuzione, senza alcun onere per la società. Con tale modalità, dividendo il salario percepito per le ore prestate, emerge una paga di appena 4 euro lordi l’ora, a dir poco indegna. Oggi, dopo che la Proteco ha imposto un contratto di lavoro part time, si è arrivati a circa 5 euro netti, ma solo per otto mesi su dodici. Chiediamo l’applicazione del contratto collettivo in essere per i dipendenti della multinazionale, cioè quello dell’agroalimentare industria, più remunerativo e con più tutele».

Ma perché Ferrero continua ad affidare il confezionamento all’esterno?

«Il motivo è soltanto uno: puro profitto. Si risparmia sulla pelle delle donne, con il conseguente allontanamento dalla multinazionale di tutte le problematiche, senza tenere conto delle conseguenze su intere famiglie. In tutta sincerità, non crediamo più alla favola del gigante buono. Sono storielle per la pubblicità. La realtà è diversa: appalti, cooperative, ribassi e povertà».

 Maria Grazia Olivero

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