
Nei giorni del 5 e del 6 novembre, quando la quotidianità ha subito una battuta d’arresto, la natura ha continuato a fare il suo corso e tanti bambini sono venuti al mondo, nonostante avversità e servizi sospesi.
È il caso di Clara Cassinelli, nata al San Lazzaro di Alba, intorno alle 11 del sabato, prima che il Tanaro esondasse. Racconta la mamma, Monica Barabesi: «Siamo una famiglia di Canale. Mi trovavo già all’ospedale, il 5 novembre, perché avevo programmato un parto cesareo: Clara è nata in tarda mattinata e poco dopo mio marito è rincasato, per poi tornare nel pomeriggio con nostra figlia maggiore, mentre mia mamma è venuta a trovarmi, per starmi vicino».

Quando le strade hanno iniziato ad allagarsi, il marito Bruno e la figlia maggiore hanno dovuto fermarsi a Borbore, per poi rifugiarsi a Castagnito, a casa dei suoceri. «Mia madre, invece, è rimasta per tre giorni bloccata con me in ospedale», ricorda ancora Monica.
«Abbiamo vissuto momenti molto difficili. Funzionava solo il generatore: c’era luce, ma né riscaldamento né acqua calda. Fuori dalle finestre, c’era il buio totale. Poi, nella notte o nella prima mattinata, le infermiere sono passate nei reparti a chiedere se c’era qualcuno disposto a dare una mano al pronto soccorso: mia mamma, visto che io stavo bene, è andata ad aiutare». La donna si trovò di fronte all’emergenza: «Arrivavano persone coperte di fango: non si riusciva a capire neppure se erano uomini o donne. Avevano bisogno di coperte e calore».
Poi, per fortuna, tutto si è risolto al meglio e lo stesso nome dell’allora neonata lo testimonia: «Clara, che avevamo già scelto, vuol dire luce, quindi speranza». Oggi la ragazza, quasi trentenne, lavora ad Alba alla Coldiretti e nel tempo libero ha deciso di prestare servizio alla Protezione civile di Canale, proprio come papà Bruno e la sorella Elisa.
È la stessa Clara a raccontarlo: «Ho preso questa decisione proprio perché, durante l’alluvione, tante persone hanno aiutato la mia famiglia. Anche il terremoto in Emilia-Romagna è stato una spinta importante». Con i suoi occhi, da adulta, ha visto da vicino l’ultima alluvione di Ceva: «È stata tosta: mi sono resa conto di quale poteva essere la mole di lavoro nel ‘94. Non scorderò mai l’odore che c’era, un misto tra fango e alghe marce, molto pesante».
Sara, divenuta volto della campagna pubblicitaria della Regione
Diversa la storia di Sara Bussi, di Santo Stefano Belbo. È nata a Nizza Monferrato, perché i genitori non sono riusciti a raggiungere il San Lazzaro, a causa delle strade bloccate.
Racconta Susanna Marmo, la mamma: «Ero andata alla visita in ospedale qualche giorno prima e mi avevano detto di stare tranquilla. Quel sabato, 5 novembre, pioveva molto. Mi sono recata dai miei genitori a Canelli, passando per il centro storico, e ho visto che il Belbo stava crescendo. Tornata a casa, alla sera è mancata la corrente elettrica. Abitiamo in collina, a San Grato: non sapevamo che cosa stesse succedendo, così io e mio marito Gianfranco siamo andati a dormire. Verso le due e mezza, mi sono svegliata, perché sentivo movimenti preoccupanti nella pancia».
I due coniugi si sono preparati per raggiungere Alba. Susanna ha chiamato i Vigili del fuoco, «per istinto». Sono stati loro a comunicarle che tutti gli accessi alla città erano bloccati: l’unica struttura raggiungibile era Nizza.
«Ci siamo vestiti al buio, abbiamo preso la macchina e siamo andati giù in paese. L’acqua era già uscita: era tutto buio e spettrale. Ho visto automobili in luoghi impensabili: non mi sono resa bene conto della realtà».
Dopo essere passati da località Robini, a Canelli la famiglia è stata raggiunta da un’ambulanza. Sara è nata la mattina del 6 novembre, a mezzogiorno.
Ma la storia non finisce qui, perché qualche tempo dopo la bimba è diventata il volto di una pubblicità della Regione Piemonte per ringraziare i volontari impegnati nell’emergenza e per infondere la speranza di rinascita del territorio. La ragazza, oggi maestra alle elementari di Canelli, ricorda ancora l’esposizione mediatica: «Mia mamma mi raccontava di questa pubblicità: avevano bisogno che sorridessi o piangessi per le foto. E io ovviamente facevo tutto il contrario. Quando ero piccolina, venivano giornalisti a casa per scrivere articoli e mi avevano anche portato alcune tortine di compleanno». Una vicenda che ha avuto un lieto fine: «Siamo fortunati. In famiglia ne parliamo con il sorriso, perché sono nata io. Per tante altre persone, purtroppo non è così».
Lorenzo Germano
