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Egea / Fine di un’epoca: Alba e gli altri Comuni abbandonano la nave che affonda

«È giusto riconoscere a Egea il merito di avere contribuito allo sviluppo della nostra città. Ma è anche lecito chiederci che cosa sia davvero accaduto dopo»

Egea / Fine di un'epoca: Alba e gli altri Comuni abbandonano la nave che affonda
Un'immagine di un passato Consiglio comunale.

ALBA È finita un’epoca per la storia amministrativa – e anche sociale – di Alba: giovedì31 ottobre, il sindaco Alberto Gatto ha firmato la lettera che formalizza l’uscita del Comune dal capitale di Egea. Alla base c’è l’approvazione nel Consiglio del 30 ottobre, con il voto unanime di maggioranza e opposizione, della delibera che determina la volontà di mettere fine allo stato di socio pubblico all’interno della compagine della multiservizi della famiglia Carini.

Non la nuova Egea, ma quella di Carini

Come Gazzetta d’Alba ha anticipato sullo scorso numero, non si tratta della nuova Egea, partecipata da Iren e dalle banche creditrici, ma di ciò che resta dell’azienda originaria, una scatola vuota rimasta in vita per concludere i cantieri aperti del Superbonus 110% e per altre incombenze burocratiche. Così, accertato e stabilito che non esistono più i motivi per la partecipazione, è stata spedita la raccomandata che di fatto chiuderà un’esperienza iniziata nel 1956 e formalizzata nel 1997, con la nascita del sistema dualistico pubblico-privato. In questo senso, il Consiglio di mercoledì scorso ha rappresentato una data storica: il presidente Maurizio Marello l’ha paragonata a «un matrimonio di lungo corso che, per motivi complessi e una crisi insuperabile, si chiude con un inevitabile divorzio».

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A spiegare i fatti è stato l’assessore alle finanze Luigi Garassino: «La situazione è complessa e l’ammissione di Egea allo strumento della composizione negoziata della crisi ci ha obbligati a camminare in zone sconosciute dal punto di vista giuridico, dal momento che è la prima volta in Italia che questa soluzione viene applicata in un ambito così complesso».

Alba deve sborsare 2,3 milioni di euro

Il 31 ottobre, in particolare, era l’ultimo giorno utile per formalizzare il recesso: «Una questione che dovremo affrontare, per motivi differenti, anche per FinGranda e Lamoro. La nostra responsabilità principale è duplice: da un lato garantire l’operatività dell’ente e dall’altro evitare di legare i conti del Comune a una situazione che oggi pesa come una spada di Damocle». Soprattutto per gli oltre 2,3 milioni di euro che l’Amministrazione dovrà accantonare per il recesso.

Egea ha sostenuto la crescita del territorio, poi le cose sono cambiate

Ha rassicurato l’assessore: «Siamo in grado di farlo, grazie all’avanzo di amministrazione che, al netto di questo ammortamento, vale ancora 570mila euro. È naturale che questo dato modificherà in modo consistente la possibilità di finanziare interventi e opere. Siamo allo stesso tempo fiduciosi che, già nel corso del prossimo Consiglio di fine novembre, potremo approvare una variazione di bilancio per accogliere nuovamente la disponibilità di questa somma, in vista del previsionale dell’anno nuovo». Tutto dipenderà dalle tempistiche con cui verrà accolta la richiesta di recesso da parte della stessa Egea.

La discussione è stata ricca di spunti. Dai banchi della maggioranza, il consigliere Luciano Giri ha ricordato la storia: «È giusto riconoscere a Egea il merito di avere contribuito allo sviluppo della nostra città. Ma è anche lecito chiederci che cosa sia davvero accaduto dopo, quanto fossero credibili i numeri scritti nei bilanci, perché le tariffe del teleriscaldamento fossero incomprensibili. Allo stesso tempo, dobbiamo interagire con la nuova società».

Fabio Tripaldi ha aggiunto: «Resta il fatto che Egea dovrà corrispondere 200 milioni di tasse ancora non pagate e che ci sono creditori che hanno perso molto. Per affrontare le incognite del futuro, ben venga una squadra allargata amministrativa per seguire questi temi insidiosi».

 Beppe Malò

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