ALBA Palazzo Banca d’Alba ha ospitato la presentazione della rivista Limes con il convegno “La geopolitica: risorsa sotterranea e “tartufo” della cultura”, promosso dall’Istituto Universitario di studi europei e dalla fondazione Banca d’Alba. Piero Schiavazzi, noto vaticanista, ha parlato dei punti in comune tra i due argomenti di discussione: «La geopolitica sta alle strategie come il tartufo alla gastronomia: il soft power è materia ricercata ai tavoli negoziali proprio come il tuber magnatum. Ogni volta assume forme diverse con il terreno con cui interagine, proprio come il fungo ipogeo, conformandosi a territori, soggetti e portatori d’interesse che incontra. Infine, è anch’essa organolettica: la riflessione conta meno della sensazione in molti casi».
«Siamo in guerra perché ci troviamo in una transizione egemonica», ha esordito il direttore di Limes Lucio Caracciolo. «L’impero americano è durato fino a ieri per 70/80 anni e non si vede chi possa prenderne il posto. L’Italia affronta questa crisi nella condizione di un Paese che conta, ma non vale quel che conta: questo gap è la sindrome che ci portiamo appresso dalla Seconda guerra mondiale, in cui abbiamo perso, nonostante quello che ci raccontano a scuola».
«Chiunque vinca le elezioni americane, non finiranno gli scontri il 6 novembre»
Per Caracciolo quindi non ci troviamo nella «Terza guerra mondiale, ma nella sfida di alcuni Paesi per esser riconosciuti alla pari della declinante America. Nelle proiezioni demografiche l’Occidente (compresi Stati come Giappone e Corea) è una minoranza, rappresenta appena un miliardo di persone, un fattore troppo esiguo per dominare il mondo». Nemmeno le imminenti elezioni possono dare una scossa: «è una brutta scelta, da un parte Trump, un uomo che quattro anni fa ha tentato un colpo di Stato, e dall’altra una non pervenuta, Kamala Harris». Se dovesse scommettere il giornalista però darebbe vincente l’imprenditore: «Trump ha qualche carta in più per sperare, il mio timore (e certezza) è che la questione non si chiuderà il 6 novembre ma ci saranno scontri e contestazioni anche dopo».
Lorenzo Germano