IL REPORTAGE Grandi bandiere rosse dalla candida mezzaluna crescente e la stella a 5 punte sovrastano le colline di Istanbul, emblema di un Paese bellissimo e contraddittorio nel quale cultura, fede, tradizione e modernità paiono procedere in sintonia. Così è per il muezzin che 5 volte al giorno dal minareto richiama alla preghiera nelle 2.691 moschee di una megalopoli da 18 milioni di abitanti, al 99% musulmani. Accanto, gli arditi ponti sul Bosforo, lo stretto che unisce il Mar di Marmara e il Mar Nero, percorsi da un traffico frenetico, ma capaci di regalare un fascino speciale alla città turca, edificata a cavallo di due culture e di due continenti, Europa e Asia.
Nella seconda Roma
Eppure, la “seconda Roma”, la città che custodisce con orgoglio una straordinaria fusione tra Oriente e Occidente, è stata fino alla conquista ottomana del 1453 tra i luoghi più importanti della cristianità, capitale di uno dei più grandi imperi della storia, vivace crocevia di genti. Tra i mille volti, colori, esistenze dei quartieri di Istanbul – dai grattacieli della finanza alle case di legno sul mare, dall’ippodromo bizantino da 100mila persone alla cisterna sotterranea realizzata al tempo di Giustiniano – si è concluso il viaggio che Gazzetta d’Alba ha proposto ai lettori dal 6 al 14 novembre, tramite l’Opera romana pellegrinaggi.
Sessantaquattro albesi hanno rifatto i passi delle prime comunità cristiane e dell’opera di evangelizzazione di san Paolo, il quale percorse la Turchia, rivolgendosi prima agli ebrei e poi ai pagani. Antichissimo ponte tra Est e Ovest, quasi odierno spartiacque geografico tra due guerre, il Paese conserva anche la memoria di san Giovanni e della vergine Maria, delle Chiese dell’Apocalisse e dei luoghi in cui si celebrarono i primi concili ecumenici e si formulò il Credo. Su queste tracce abbiamo camminato, scoprendo una terra inaspettata e struggente, di forti contrasti.
Grazie all’assistenza di don Giovanni Biallo, di Giacomo Mattei e del direttore di Gazzetta d’Alba, i pellegrini albesi hanno cercato le radici della loro fede – anche se, nella Turchia odierna esistono poche chiese, davanti alle quali sosta perennemente un’auto della Polizia –, mentre le due guide turche, Sezayi Balci e Kerim Yilmaz, ci hanno introdotti in una cultura per secoli temuta in Europa, ma da comprendere, sperando nel volto moderato che qui sembra assumere l’islam. Indispensabile, poi, è stato l’accompagnarci della segretaria di Gazzetta, Chiara Biasizzo, sempre attenta ai problemi del gruppo e di don Ettore Colombo, in veste di fotografo e videomaker.
Dalla moschea di Santa Sofia (Sapienza divina, esempio di arte bizantina, realizzata nel 537 come cattedrale patriarcale e più grande chiesa dell’impero d’Oriente, poi trasformata in museo nel secolo scorso e riaperta al culto islamico nel 2020 da Erdogan) alla moschea blu (la più importante della città, così definita per le maioliche all’interno), alla Rustem Pasa, nota per le splendide ceramiche di Nicea che la rivestono, è stato un viaggio in un altro pensare, in un altro pregare, in un altro vivere, forse anche per ritrovare l’unico Dio di Abramo.
Crociera sul Bosforo
Il pellegrinaggio ha sapientemente previsto sacro e profano: la visita al patriarcato ortodosso di Fener, alla chiesa di San Giorgio e a quella “di ferro” ortodossa bulgara, per approdare al Topkapi, sontuosa residenza costruita dal sultano Maometto II nel XV secolo. Immancabili la crociera sul Bosforo, l’immersione nel Gran bazar (il più grande mercato coperto al mondo, un dedalo di vicoli e negozi tenuti insieme da cupole mirabili, visitato ogni giorno da centinaia di migliaia di persone) e nel Mercato delle spezie, un mondo di colori e profumi d’Oriente; che dire, poi, dei quartieri di Scutari e di Kuzguncuk, della vista dalla collina di Camlica, dove il velo nero di alcune donne ha lasciato spesso il posto ai capelli al vento delle giovani?
Altro universo in Cappadocia, da dove è partito il pellegrinaggio, zona scelta dai monaci bizantini per realizzare celle e monasteri nelle grotte di tufo della Valle di Goreme, riferimento dei primi secoli cristiani, con episodi biblici straordinariamente affrescati sulle pareti. Il paesaggio mozzafiato dei “camini delle fate” – formazioni rocciose di origine vulcanica, modellati dagli eventi atmosferici in vere opere d’arte naturali –, è stato pienamente vissuto dal gruppo anche attraverso il viaggio in mongolfiera al sorgere del sole, per poi accedere ai siti di Zelve e Pasabag, alla Valle di Uchisar e di Guvercinlik.
Apostoli e mistici
Così, la scoperta delle città sotterranee, fortezze, con grotte e cunicoli scavati nel tufo, ha fatto da preludio alla visita al Caravanserraglio del XIII secolo, uno dei luoghi in cui potevano sostare le antiche carovane sulla via della seta.
A Konya, l’antica città di Iconio che san Paolo raggiunse con Barnaba nel suo primo viaggio missionario del 47 d.C., hanno colpito la chiesa dedicata all’apostolo Paolo e il convento dei Dervisci, i monaci che praticano la danza vorticosa, oltre al convento di Mevlana, il mistico persiano venerato come un maestro. Da Hierapolis (indimenticabili l’agorà, le terme, i resti della basilica con la tomba di san Filippo) all’iconico paesaggio delle bianche cascate d’acqua termale di Pammukkale, a Laodicea (la “metropoli dell’Asia” al tempo dei romani, citata nell’Apocalisse di san Giovanni), ad Aphrodisias, con il mirabile insediamento greco-romano, si è snodato un denso racconto di magnificenza, bellezza, storia e fede.
Così è stato anche a Efeso, dal VII secolo a.C. centro commerciale per i greci, poi capitale della provincia d’Asia per i romani. La città, anch’essa citata nell’Apocalisse di san Giovanni, custodisce la memoria di san Paolo, che vi rimase tre anni. L’emozione per la visita alle basiliche di Santa Maria, dove si svolsero due Concili nel quarto secolo, e di San Giovanni evangelista ha infine preparato all’intensità con cui i pellegrini albesi hanno pregato nel santuario di Meryem Ana, piccola cappella del IV secolo costruita su un basamento del Primo, in cui la tradizione narra sia vissuta la madre di Gesù.
Ci sarebbe molto da raccontare ancora di un viaggio intenso, durante il quale si sono stretti rapporti di amicizia, rinsaldati legami, rielaborato il dono della fede, ripercorrendo la storia, la cultura e i primi passi della cristianità. Per questo, nel ringraziare uno a uno i partecipanti, lasciamo la parola a quanti vorranno esprimere le loro emozioni, e diamo spazio alle immagini.
Maria Grazia Olivero