
GIORNO DELLA MEMORIA All’elenco dei Giusti tra gli albesi venerdì 24 gennaio, in occasione della Giornata della memoria, è stato aggiunto anche il nome di un personaggio che fece il percorso inverso rispetto ai non ebrei insigniti in Israele del titolo di Giusti tra le nazioni. Si tratta del conte Arturo Benvenuto Ottolenghi (1887-1951), nobiluomo di religione cattolica e di stirpe ebraica che – nell’immediato dopoguerra, quando i postumi del conflitto affliggevano ancora la povera gente – con la sua opera venne in aiuto alla cittadinanza albese più fragile. La fonte principale delle notizie qui riportate è il libro di Marialuisa Viglione Un’oasi nella città, stampato nel 1996 da Gribaudo.
Il conte Arturo Benvenuto nacque ad Acqui Terme, dove la sua famiglia finanziò un Ricovero per poveri vecchi ad essa intitolato e tutt’ora operativo. Anche ad Alba questo nome da oltre settant’anni è legato alla Residenza per anziani di corso Asti, al numero 3. Davanti al cippo che raffigura il conte, posto all’interno della casa di riposo, venerdì il comitato dei Giusti tra gli albesi tornerà a deporre una corona di alloro, come già avveniva in passato.

L’attuale residenza è l’evoluzione della Casa per poveri vecchi fondata nel 1930, allora intestata alla principessa Maria Josè di Piemonte. Sostennero l’Opera pia il Comune di Alba, la Cassa di risparmio di Alba, l’ospedale San Lazzaro, in concerto tra loro e col contributo di altri benefattori albesi. La gestione fu condotta per circa sessant’anni dalle Suore di carità.+
Una svolta propulsiva arrivò a metà del secolo scorso. Con la sua lettera del 21 maggio 1950, il conte Ottolenghi volle favorire l’Opera dei poveri vecchi di Alba donandole il fabbricato e il terreno di sua proprietà – sito in regione Rondò – dove tuttora la residenza che porta il suo nome ha sede. Il conte voleva farvi «una bella casa di riposo» e fissò condizioni tassative per il perfezionamento del lascito. La filantropia verso questo territorio del nobiluomo, che per nascita e sensibilità era più incline ad Acqui, fu sollecitata da suor Cristina, addetta alla Casa dei poveri vecchi albese.
Scrive Marialuisa Viglione che la religiosa in «un’occasione che si era presentata spontanea (…) quasi per un caso provvidenziale» lo coinvolse relativamente alla questione della Casa di riposo, ammaccata dalle vicende della Seconda guerra mondiale. Non c’è prova della casualità dell’incontro, almeno da parte di suor Cristina.
Furono lunghi e costosi i lavori di adattamento al nuovo uso del fabbricato oggetto della donazione, che in precedenza era una casa adibita a tutt’altri mestieri: «Passatempo», si chiamava lo stabile con un eufemismo allusivo. Insieme agli interventi degli enti locali interessati, ulteriori e robuste elargizioni arrivarono anche dai parenti del conte Arturo Benvenuto. Si distinsero il fratello Camillo abitante a Nizza, in Francia, e il figlio Astolfo, residente a New York, che raccolse donazioni anche di istituzioni americane.
Nel 1951, con decreto del presidente della Repubblica Luigi Einaudi, la Casa di riposo dei poveri vecchi fu eretta a ente morale. Dal 1952 si chiamò casa di riposo Arturo Benvenuto Ottolenghi.
Qui finisce il nesso diretto tra Alba, la Casa di riposo e la famiglia Ottolenghi. Oggi, in tempo di guerre feroci talora alimentate da contrasti religiosi, ha un significato esemplare l’unità d’intenti che seppero costruire il nobile di origine ebraica e la suora cattolica. Persone che, al di là della loro provenienza sociale e culturale, gettarono ad Alba il seme dell’odierna residenza per anziani, poi coltivato da molti benefattori insigni o ignoti.
Giacomo Battaglino
