
IL REPORTAGE I gesti nell’inverno assumono sembianze differenti. A fine dicembre, poco prima del Natale, in via Vittorio Emanuele un uomo di nome Alberto si avvicina a una bacheca di vetro, all’esterno di un negozio. Fa il magazziniere e lavora nella zona di Cherasco. Vuole comprare uno degli ultimi tartufi rimasti, per un amico.
«Spenderò solo 20 euro per un piccolo esemplare di nero: non posso permettermi una spesa maggiore, ma questo fungo è per me un simbolo di affetto e di legame con la nostra terra», dice. È il regalo che non ci si aspetta: un prodotto simbolo dell’autunno, acquistato tra le luci natalizie e i finti fiocchi di neve.
Ma è tutta la città, nei giorni delle feste, a sembrare un po’ surreale. Con la macchina, ci si sposta tra le vie senza traffico, tranne che nel giorno della vigilia, con la corsa agli ultimi acquisti. Sembra riemergere l’Alba di alcuni decenni fa, quando si respirava di più.
In questa strana dimensione, riappaiono gli espatriati: persone che vivono all’estero, per studio, per lavoro e per seguire orizzonti diversi rispetto a quelli che possono trovare nella loro città natale. Ritornano per le vacanze, per ritrovare le loro famiglie e le loro radici, come una sorta di appartenenza. C’è chi viene dal- l’Australia, dalla Cina, dalla Spagna, dall’Inghilterra. C’è un pezzo di Alba in molti luoghi del mondo.
Andrea, trentatré anni, per la maggior parte dell’anno vive in Francia: «La città è cambiata, in questi anni. Mi sembra sia più solitaria e omologata: le osterie e i bar sono uguali gli uni agli altri. C’è molto movimento, ma qualcosa è andato perso. Non saprei dire bene cosa. Nonostante tutto, però, l’atmosfera è quella della famiglia: sono felice di essere tornato».
Luisa, una ragazza che vive a Manchester e fa l’autista di Uber, dice: «Questo periodo è bello e si recupera la sensazione di casa, ma non tornerei a vivere in questa dimensione. Mi sentirei priva di futuro. Nel campo dei trasporti e della logistica, per guadagnare uno stipendio decente dovrei lavorare dodici ore al giorno». I parchi vuoti, le scuole chiuse, le serrande dei negozi abbassate: i giorni immediatamente successivi alle festività rallentano ancora di più i ritmi. È un momento di tregua e di riposo, ma anche di bilanci. Mario è un elettricista di 29 anni e vive a Castagnito: per fine anno, ha deciso di non comprare «cotechino, lenticchie e spendere soldi per cenoni o festoni», com’è lui stesso a raccontare.
Ha voluto farsi un altro regalo: «Mi ha molto colpito la storia di Issa Loum e Mamadou Diallo, i due ragazzi morti nel tentativo di difendersi dal freddo, proprio ad Alba: festeggiare, come faccio ogni anno, mi sembrava poco rispettoso. Dedicherò i soldi che avrei speso alla beneficenza. In questo momento, mi è sembrata la scelta migliore».
Stefano Mo
