
ALBA Come è cambiato il comprensorio albese e come osservarne l’evoluzione in campo sociale e lavorativo, avendo come punto di riferimento l’esperienza di don Giovanni Battista Gianolio? È stato una figura chiave dello sviluppo territoriale, archetipo di una formazione professionale che contribuì al successo del “made in Alba”.
Per portare avanti questo tipo di ragionamento, cioè per progettare un rapporto virtuoso tra lavoro e sviluppo, è nata la fondazione Don Gianolio. Con il contributo della fondazione Crc e con Apro formazione, ha presentato la ricerca-azione “Ricordare il futuro”. Si tratta di un lavoro che descrive i cambiamenti socioeconomici del territorio di Alba, Langhe, Roero e Valle Belbo.
La presentazione si è svolta presso la sala convegni dell’Associazione commercianti albesi, con la partecipazione del sociologo Aldo Bonomi e del collega Salvatore Cominu del consorzio Aaster di Milano: è un progetto che vuole esplorare e promuovere le tematiche di turismo, lavoro, logistica e sostenibilità all’interno del cosiddetto settore horeca, il termine commerciale con cui ci si riferisce al comparto alberghiero. Un dettaglio importante, dal momento che proprio il turismo rappresenta il comparto potenzialmente candidato nell’avvicendare la manifattura nel ruolo di elemento trainante dell’economia e dell’occupazione territoriale.
Il convegno si è aperto con la descrizione di un paradosso: il Piemonte arretra ormai da trent’anni, mentre il Cuneese – con Alba in testa – viaggia in controtendenza. Grazie, in primo luogo, alla continuità che lega quasi due generazioni di “metalmezzadri”, un neologismo coniato per indicare una figura ibrida di lavoratore adattato alla vita in fabbrica, senza dimenticare le sue radici strettamente legate alla terra.
Ecco alcune foto dell’incontro:
Ma la ricerca ha fatto emergere che, da solo, questo aspetto non basterà a sostenere ancora la nostra capacità di viaggiare controcorrente in futuro. Lo ha spiegato Bonomi: «Il mondo, anche quello del lavoro, sta cambiando in modo molto rapido e non sarà sufficiente la straordinaria vocazione al fare, che è stata la carta vincente di questa zona. All’orizzonte, ci sono altre sfide, basti pensare alle nuove tecnologie. È vero che resta valido l’incoraggiamento di don Gianolio a sfidare anche l’impossibile, ma le incognite che dovremo affrontare sono evidenti. Manca la manodopera, specialmente quella formata su misura per le necessità delle aziende; mancano le case, troppo care; mancano o sono precari i collegamenti a causa di una mobilità inadeguata».
Insomma, tutti aspetti non di poco conto: «Sono fattori di rischio importanti nel mettere in difficoltà quel modello di coesione sociale che ha nel lavoro e nel rapporto col territorio il suo snodo più saldo». Il rebus andrà risolto, soprattutto analizzando nel dettaglio gli elementi della doppia transizione, quella digitale e la crisi della manifattura. Sempre Bonomi: «Possiamo dire che il nostro lavoro ha fatto emergere che siamo vicini al “soffitto di cristallo”, cioè in prossimità di un ostacolo che lascia vedere cosa c’è oltre, ma che è durissimo da attraversare. Uno degli elementi più difficili da superare è la crisi demografica cronica che sta determinando il fenomeno del prosciugarsi della riserva lavoro».
Come aggirare questi limiti? Il sociologo ha risposto così: «L’Albese ha ancora risorse importanti, come la vitalità amministrativa e una sostanziale tenuta dei corpi intermedi. Sarà necessario sostenere questi punti di forza, senza pensare che tutte le risposte stiano nel turismo o nella tecnologia. In questo senso, occorre che il “metalmezzadro” faccia amicizia con la logica dell’algoritmo, per conservare la sua spinta produttiva a favore proprio e della comunità locale». Anche perché la crescita che si prospetta è molto distante da quella vissuta nel Dopoguerra: «Per farcela, servono valori forti e condivisi da tutti».
Beppe Malò
