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Tutte per l’8 marzo / Donne che salvano la terra: quando il cibo è emancipazione

«Le donne che raccontiamo vogliono costruire un mondo migliore. Intravedono un rapporto diverso con la natura. Il cibo (prodotto, trasformato e narrato) può diventare un importante strumento di emancipazione femminile».

Tutte per l'8 marzo / Donne che salvano la terra: quando il cibo è emancipazione

Tutte è un progetto speciale di Gazzetta d’Alba per la Giornata internazionale della donna: due redattrici e quattro collaboratrici del nostro giornale hanno raccontano altre donne, le cui storie hanno un significato: chi ricopre o ha ricoperto ruoli sul nostro territorio, chi ha lanciato iniziative innovative, chi segue strade inaspettate o chi ha semplicemente un vissuto da condividere.

Donne che salvano la terra, un progetto di Slow food Italia

Dieci donne che si prendono cura del nostro Pianeta. Dieci anime che, spesso nell’ombra, lavorano per custodire la terra e per produrre cibo buono, pulito e giusto. È questo il fulcro del progetto “Donne che salvano la terra”, lanciato da Slow food lo scorso anno, con lo scopo di selezionare e raccontare dieci figure che scelgono di scrivere una narrazione di rigenerazione.

«La nascita di questo progetto fa parte di un’evoluzione sociale: la figura della donna è diventata sempre più centrale all’interno dell’associazione e, negli anni, ha finalmente iniziato ad acquisire il ruolo che meritava», racconta Gabriella Chiusano, di Slow food Piemonte e Valle d’Aosta. «Il vero punto di svolta è stato il Congresso internazionale di Chengdu, nel 2017. Discutendo dell’importanza del cambiamento climatico, Carlo Petrini ci invitò a riflettere sul fatto che l’unica possibile risposta era agire a livello di comunità locali. Ma in quella dichiarazione ci rendemmo conto che mancava una parte fondamentale: il femminile». Ed è in quell’occasione che è stata messa in luce l’importanza delle donne. Ma in modo da andare oltre al preconcetto che, nel settore, le vede identificate soltanto con le mansioni domestiche, con la cura dell’orto, della cucina e della dispensa. La rotta si è già invertita da anni, ma occorre darne voce.

«ll piccolo seme che abbiamo piantato è culminato con la nomina della prima presidente italiana donna di Slow food: Barbara Nappini. Con la sua forza e il suo spirito, ha portato una visione femminile nell’associazione. E, ispirate da questo passo, abbiamo deciso di celebrare dieci donne che non si identificano solo come angeli del focolare, ma che sono vere e proprie attrici della filiera alimentare». Sono Bruna Ferro, Rita Tieppo, Paola Naggi, Miranda Tomatis, Maria Cristina Pasquali, Irene Calamante, Elisa Mosca, Elena Rodigari, Ariele Muzzarelli, Alice Cerutti. Sono tutte piemontesi.

Le loro storie, con interviste e approfondimenti, sono on-line sul sito slowfood.it. L’intento è chiaro: dare valore a tutti i piccoli gesti e ai contributi che rischiano di passare in secondo piano per l’ambiente. Il fatto che le protagoniste siano donne ha il valore di creare una comunità nella quale riconoscersi, per compiere insieme un altro tassello verso la parità di genere. L’iniziativa ha avuto il patrocinio della Regione Piemonte, con l’Assessorato alle pari opportunità.

Riprende Chiusano: «Le donne che raccontiamo vogliono costruire un mondo migliore. Intravedono un rapporto diverso con la natura. Il cibo (prodotto, trasformato e narrato) può diventare un importante strumento di emancipazione femminile». Ed è così che queste dieci donne immaginano e perseguono modelli innovativi, pratiche agronomiche orientate all’agroecologia, stili di allevamento diversi che esprimono un ripensamento del rapporto con gli animali, idee originali nella ristorazione e nell’accoglienza o, ancora, aziende agricole multifunzionali. Ma si adoperano anche per diffondere questi valori: sono insegnanti e formatrici, divulgatrici e comunicatrici. Diventano un esempio per tutte e tutti. Per chi, forse, è ancora alla ricerca della sua strada.

 Chiara Nervo

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