Ultime notizie

La nuova avventura della famiglia Camia

Per lo chef, la cucina di Langa rischia di discostarsi troppo dalla sua essenza: bisogna tornare alle origini e ricordarsi dei grandi patriarchi

La nuova avventura di Massimo Camia

RISTORAZIONE Massimo Camia, chef con una stella Michelin confermata da venticinque anni, si appresta a lasciare il ristorante all’interno delle cantine Damilano, nel Comune di La Morra, per lanciarsi in una nuova avventura a Novello. Lo abbiamo intervistato.

Dopo dodici anni di collaborazione con Damilano, si cambia: avete scelto di percorrere strade diverse e come sarà il suo nuovo progetto?

«Ho due figli che proseguiranno l’attività e avviare una realtà nostra era un passo inevitabile: con la famiglia Damilano, ci lasceremo in modo molto sereno, perché tra di noi c’è sempre stata una grande collaborazione. Da tempo, cercavamo la dimensione per poter esprimere al meglio il nostro lavoro. Dopo una ricerca abbastanza lunga, abbiamo trovato una struttura in vendita, nella località Fornaci di Novello. Ci occuperemo non solo di ristorazione: avremo otto camere e due appartamenti, il ristorante gourmet, un ampio cortile per eventi, 4mila metri quadri di giardino alberato con piscina a disposizione dei clienti. Abbiamo acquistato lo stabile nel settembre 2024 e sono stati subito avviati i diversi lavori di ristrutturazione».

Allora è una scelta motivata, prima di tutto, da ragioni familiari. Insomma, un vero e proprio progetto per il vostro futuro.

«È così, anche per me e per mia moglie, Luciana, che è maître di sala: vogliamo completare il quadro con un piano personale. Siamo una squadra a tutti gli effetti: mia figlia, Elisabetta, è in cucina con me e spero diventi al più presto chef. Mio figlio, Iacopo, è sommelier».

Perché alla fine la scelta è ricaduta su Novello? Al momento, non ci sono stelle Michelin in paese.

«In effetti la nostra decisione è stata anche il frutto di un’analisi strategica. Ci piaceva l’idea di essere un po’ in disparte, ma comunque a pochi minuti di auto da Comuni come Monforte e Barolo».

Dal suo punto di vista, come evolverà in futuro il segmento dell’accoglienza nelle Langhe? Che cosa chiedono oggi i visitatori?

«Il turista che arriva nella nostra area cerca tradizione, territorio, tipicità. È il motivo per cui abbiamo scelto una cascina antica. Allo stesso tempo, però, servono modernità e freschezza».

In che cosa si può migliorare ancora?

«Credo che vada proprio recuperata l’autenticità: stiamo rischiando di perdere la nostra origine e immagine. Sta emergendo sempre di più una cucina molto tecnica, forse un po’ slegata dal territorio, che deve essere rappresentato in modo più marcato. Dobbiamo dare maggiore attenzione a cosa siamo e a che cosa proponiamo a chi ci sceglie».

Da qualche anno lei è anche presidente dell’Associazione ristoratori e albergatori albesi: qual è lo stato di salute del comparto in città?

«Siamo in tanti e questo rende il lavoro frammentato e più difficile da sostenere quando c’è il calo degli arrivi dei visitatori stranieri, anche a livello di spese. Quando la stagione è alta, il richiamo turistico è forte. In generale, però, direi che godiamo di buona salute. Non è così nel resto del mondo, dove il settore è caratterizzato da parecchio malessere. Nel nostro caso, dobbiamo ringraziare i quattro storici ristoratori che hanno elevato il settore: Bovio a La Morra, la vera tradizione; Felicìn a Monforte, il primo ad andare all’estero; Cesare Giaccone ad Albaretto della Torre, il primo vero innovatore della cucina di Langa, con il suo spirito e la sua creatività; Tonino Verro della Contea di Neive, altra grande figura, ben prima degli stellati. Negli anni ‘80 e ‘90, hanno saputo portare su queste colline persone da tutto il mondo. Noi siamo arrivati dopo, anche grazie a loro».

 Filippo Bonardo Conti

Banner Gazzetta d'Alba