
di Andrea Olimpi
ALBA – Mille pecore, un pastore, una famiglia e un’idea semplice quanto efficace: tagliare l’erba a morsi.C’è modo e modo di occuparsi della manutenzione delle aree verdi, il Comune di Alba, per quest’anno, ne sceglie uno ecologico e sostenibile: un gregge di pecore. Un’iniziativa che fonde tradizione, sostenibilità e tutela della biodiversità, e che porta un pezzo di montagna nel cuore della capitale delle Langhe.
Un viaggio antico che parla al presente
Sono partite da Priero, nel Cebano, lo scorso 10 ottobre, e da allora procedono con passo lento lungo sentieri secondari, fossi, argini e campi dimenticati. A guidarle, Bruno Martinengo, pastore di lunga esperienza, insieme al figlio Nicolò, alla compagna Daniela Grosso e ai collaboratori della Società Agricola La Baita di Mondovì.
Le loro pecore appartengono alla razza roaschina, una specie autoctona del Piemonte oggi a rischio estinzione. Questo viaggio non è solo transumanza, ma anche un progetto ambientale: una risposta alternativa all’uso di trattori e diserbanti per la gestione del verde urbano.
Alba chiama, il gregge risponde
A dare il via a tutto è stata una telefonata del Comune di Alba. L’erba cresce in fretta, servono risorse e macchinari, che comunque hanno costi a volte consistenti. Così l’amministrazione ha scelto una strada diversa: ha chiesto ai Martinengo di intervenire con il loro metodo naturale. Nessun bando, nessuna gara. Solo una collaborazione diretta, concreta, efficiente.
Due giorni al Parco Tanaro
Mercoledì 28 e giovedì 29 maggio, le pecore sosteranno al Parco Tanaro, trasformandolo in un pascolo urbano a cielo aperto. Dopo questa tappa, si sposteranno lungo la pista ciclabile che costeggia il fiume verso Roddi, prima di riprendere il cammino verso le montagne, dove raggiungeranno gli alpeggi estivi entro il 20 giugno.
Una razza da salvare
Quella della roaschina è una battaglia silenziosa contro l’omologazione agricola. Con il suo muso affusolato e il vello resistente, questa pecora rappresenta un patrimonio genetico da preservare. Oggi ne rimangono meno di duemila esemplari. Ogni gregge in movimento è una dichiarazione d’intenti: una ruralità che resiste, che rifiuta l’allevamento intensivo e rinnova il legame tra uomo, animali e paesaggio.
Transumanza e agricoltura itinerante
“Ci chiamano anche i privati per ripulire campi e frutteti – racconta Bruno Martinengo – ma quest’anno è stato il Comune a cercarci. Per noi è importante: ci permette di far conoscere il nostro lavoro e di dare valore al tempo trascorso in pianura prima della risalita in alpeggio”.
Un lavoro antico, una grande passione, come racconta Bruno: “Mio padre e mio nonno avevano le mucche, io ho sempre amato le pecore, da piccolo facevo impazzire mio padre. Ero sempre lì a chiedergli di prendermi le pecore”.
Un’impronta che lascia il segno
Silenziose, ordinate, ostinate: le pecore camminano. Portano con sé la memoria di un mestiere antico e una visione moderna dell’agricoltura. Non fanno rumore, ma scrivono storie su sentieri d’erba, ricordando che anche un prato bagnato di maggio può essere il palcoscenico di una bellezza discreta e autentica.
