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Referendum / L’8 e 9 giugno: una croce contro il precariato

A supporto della campagna per votare sì ai cinque referendum, sabato 10 maggio arriverà Maurizio Landini, segretario nazionale della Cgil.

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IL REFERENDUM Quattro dei cinque referendum dell’8 e 9 giugno tratteranno temi legati al lavoro. A raccogliere le firme è stata la Cgil: come afferma Tommy Bergesio, segretario provinciale del sindacato, «lo scopo è aggredire sacche di precariato e lavoro povero. Negli anni si sono persi diritti e, passando la vita con contratti a termine, ci si sente in una continua condizione di prova. La battaglia al precariato non si concluderà con il referendum, va cambiato il quadro normativo complessivo. Sarà un primo passo e, se vincerà il sì, si avrebbero ripercussioni positive pure dal punto di vista salariale. Con un lavoro stabile, hai meno timore di rivendicare i tuoi diritti e chiedere una retribuzione più elevata».

Pur proposto da altri, «anche il quinto quesito, sul dimezzamento da dieci a cinque anni per richiedere la cittadinanza italiana da parte di chi risiede nel Paese, riguarda il lavoro. Con meno diritti, sei più ricattabile».

A supporto della campagna per votare sì ai cinque referendum, sabato 10 maggio arriverà Maurizio Landini, segretario nazionale della Cgil. «Farà un giro al mercato ad Alba per incontrare la gente e spiegare le ragioni. Successivamente, terrà un incontro a Bra».

I primi due referendum intaccherebbero alcune novità introdotte con il Jobs act. «Oggi, nelle imprese con oltre quindici dipendenti, anche se il giudice riconosce che un licenziamento è illegittimo, in nessun caso l’azienda è obbligata a reintegrare il lavoratore. Nella pratica, l’impresa propone un accordo al dipendente per evitare di andare al processo, ricattandolo con la motivazione relativa a un ritorno impossibile al posto di lavoro. Il primo mira a ripristinare il diritto al reintegro».

Dati su situazioni di questo tipo sono di difficile reperimento, «sovente l’accordo impone il silenzio del lavoratore sulla questione. Stesso discorso vale per i casi che rientrano nella norma da abrogare con il secondo referendum. Oggi, nelle imprese con meno di sedici dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo un lavoratore può ottenere al massimo sei mensilità di risarcimento. È un limite ingiusto: chi ha lavorato nello stesso posto per trent’anni si ritroverebbe con un pugno di mosche. Con l’abrogazione, il giudice tornerebbe a stabilire lui stesso l’entità dell’indennizzo. Anche se si parla di piccole imprese, i fatturati possono essere ugualmente molto alti. E, sovente, i datori di lavoro fanno ricorso ad appalti e subappalti, che mascherano l’effettiva disponibilità di manodopera».

Il terzo referendum vorrebbe rendere obbligatoria l’indicazione dei motivi per cui le aziende fanno ricorso a contratti a tempo determinato. «Oggi è possibile sottoscriverli fino a dodici mesi senza effettive ragioni. In una provincia come la nostra, in cui sono presenti numerose aziende ricche, è incredibile come, stando ai dati dell’anno scorso, quasi l’85 per cento dei contratti sia a termine. C’è un ricambio continuo, alle imprese costa meno rispetto alla stabilizzazione. In più, i contratti a termine rendono il lavoratore ricattabile e maggiormente propenso a forzature e sfruttamento».

La vulnerabilità dei lavoratori «è presente pure in appalti e subappalti. Con il quarto quesito si estenderebbe la responsabilità al committente in caso di infortuni o morti sul lavoro dei dipendenti di ditte terze. Per fare un esempio locale, la scorsa settimana alla Diageo un operaio è stato folgorato, ma la multinazionale non dovrà risponderne. Stessa cosa per le recenti tragedie nazionali all’Esselunga di Firenze o a Brandizzo».

Estendendo la responsabilità, «le imprese che appaltano farebbero le opportune verifiche sul rispetto delle norme di sicurezza da parte di chi contrattano». Per un precario «è difficile prendere posizione davanti alle palesi violazioni delle norme di sicurezza. Nel momento in cui accadono incidenti, si punta il dito sul lavoratore che non le rispetta, senza considerare che, da precario, sei più vulnerabile ad azioni di questo tipo».

 Davide Barile

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