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Storie di arte / Roberta Ceretto: «Noi mecenati quasi per caso dall’incontro con Tremlett»

Alba si è appena candidata a capitale italiana dell'arte contemporanee e sono già diverse le espressioni sul territorio, a partire dalle iniziative della famiglia Ceretto

La famiglia Ceretto presenta il progetto La via selvatica

di Filippo Bonardo Conti

ALBA Roberta Ceretto è la presidente e la responsabile della comunicazione dell’azienda di famiglia, oltre a sedere nel Consiglio d’amministrazione della fondazione Crt. È lei l’artefice dell’ingresso, ormai vent’anni fa, dei Ceretto nel mondo dell’arte contemporanea, con collaborazioni a diversi livelli con nomi del calibro di Francesco Clemente, Kiki Smith, Valerio Berruti e altri. Abbiamo parlato con lei dell’importanza che l’arte, da anni, sta assumendo a livello territoriale.

Che cosa c’è dietro alla scelta degli artisti con cui ha collaborato, Ceretto?

«Nel ‘99, quando abbiamo iniziato, era un terreno per nulla scontato. Oggi sono tantissimi i produttori che si muovono in questa direzione e numerose le iniziative. La prima opera è stata la cappella a Brunate: ci era stato proposto di ospitare David Tremlett e tutto è cominciato in maniera spontanea. Il secondo passaggio è stato quello di trasformare le cantine in modo imprevedibile, con il design. Con tutti i creativi con cui abbiamo collaborato, sono nate amicizie durature e sono diventati, a loro volta, ambasciatori della nostra area».

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Quale legame tra arte e vino?

«Entrambi parlano ai sentimenti: il lavoro dell’artista richiede sensibilità, un vino evoca emozioni. Parlare di arte è complesso, ma non è neppure semplice confrontarsi sul Barolo. Il collezionista, di etichette o di quadri, si comporta allo stesso modo. E poi è sempre arricchente vedere le reazioni delle persone di fronte all’arte, come per il grande affresco di Clemente sulle pareti di piazza Duomo».

Personalmente preferisce i vernissage in selezionate gallerie o gli eventi di grande affluenza?

«Sono, di base, curiosa: se mi trovo in una grande città, sono la classica turista che visita i musei. Certo, nelle grandi fiere si riesce ad avere il polso del mercato in quel preciso momento».

Avete progetti in cantiere?

«Lo scorso anno abbiamo acquistato due statue di donna di Clemente: sono alte più di tre metri e si trovano vicino al nostro orto. Dove sorgerà il nuovo ristorante, alle Brunate, ci sarà un grande mosaico di Kiki Smith, che occuperà tutta la facciata esterna».

Francesco Clemente, signore dell'arte, racconta After Omeros
Roberta Ceretto e Francesco Clemente all’inaugurazione della mostra After Omeros

Come sarà il nuovo locale?

«Sarà meno formale, aperto dal mattino fino alla chiusura con una cucina snella, non impostata. Si punterà moltissimo sul vino, ma in modo flessibile».

Se guardiamo all’azienda vitivinicola, dal punto di vista dei lavoratori, che cosa significa per voi comportarsi in modo etico?

«Quando compriamo un terreno, di solito è presente una cascina, che ristrutturiamo e utilizziamo per accogliere una parte dei nostri dipendenti. La maggior parte provengono da Paesi stranieri e la casa è un grave problema: in questo modo, non pagano nemmeno la luce e il gas. Sono stati mio padre Bruno e mio zio Marcello a trasmettermi il rispetto di tutti i lavoratori».

Registrate difficoltà a reperire personale?

«Sì, tutte le aziende fanno fatica a trovare figure specializzate. C’è molta più mobilità e i lavoratori preferiscono cambiare spesso, soprattutto nel settore della ristorazione, più che nella campagna». 

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