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Sebaste / Tutto è iniziato dall’intuito di Pepè

Giuseppe Sebaste, nato nel 1861, era un trovatello. Nel 1885 iniziò a produrre il torrone, come accade oggi, 140 anni dopo

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di Filippo Bonardo Conti

LA STORIASebaste, da cinque generazioni, è l’azienda di Langa sinonimo di un prodotto simbolo: il torrone. Oggi produce, nella sua sede a Gallo Grinzane, anche tartufi dolci e cioccolatini.

Il 2025 ha rappresentato un grande traguardo: i primi 140 anni di attività. Per festeggiarli, lo scorso 4 luglio i dipendenti hanno potuto assistere, al teatro Sociale, alla prima dello spettacolo Non mollate mai la presa, scritto da Egle Sebaste – la quarta generazione –, diretto e interpretato da Paolo Tibaldi.

È la storia del bisnonno di Egle, Giuseppe, nato nel 1861, l’anno dell’Unità d’Italia. Di lui si sa poco, in verità: Pepè era orfano e fu il primo ad avere la grande intuizione di utilizzare per il torrone non le mandorle, ma le nocciole delle Langhe. L’evento è stato un prologo dell’evento che, il 12 e il 13 settembre, coinvolgerà Alba, con una festa in piazza Risorgimento e la replica dello spettacolo.

Per tirare le somme di questa intensa attività imprenditoriale e familiare, abbiamo intervistato Matteo Rossi Sebaste, attuale amministratore delegato. Insieme alla sorella Lucia – che segue un’altra azienda della galassia familiare, specializzata nel packaging –, è la quinta generazione. La madre, Egle, è la presidente, mentre il padre Riccardo segue il marketing.

Come inizia la storia della Sebaste, Matteo?

«Giuseppe Sebaste è stato il capostipite, il mio trisavolo: da una serie di ricerche abbiamo recuperato il suo atto di esposizione nella ruota dell’ospedale di Bra, datato 1861. Era un orfano, trovato con un corredo di pizzo e una croce d’oro al collo. Su questi dettagli, abbiamo fantasticato parecchio, lo ammetto. Sappiamo anche che, alla nascita, era stato scelto per lui il nome Ernesto. Venne poi battezzato Giuseppe Sebaste: un cognome di cui, a oggi, non sappiamo l’origine. Possiamo dire che, rispetto a molti orfani, fu molto fortunato: solo un bambino abbandonato su tre all’epoca trovava una balia. Non solo: non ha mai cambiato famiglia affidataria, crescendo così a Cissone».

Che realtà rappresenta oggi l’azienda?

«Abbiamo diversificato i prodotti. Antica Torroneria è il nostro marchio gourmet, che riprende le ricette storiche di queste zone, mentre Sebaste ha un taglio nazionalpopolare, da sempre presente nelle fiere e nella grande distribuzione. Questo ci ha permesso di avere a oggi un 45% di export, principalmente in Germania, Svizzera, Stati Uniti e Canada. Di recente, stiamo ricevendo molte richieste dai Paesi arabi. Abbiamo 80 collaboratori, tra fissi e stagionali, senza dimenticare le società esterne con cui lavoriamo bene».

Il torrone e i tartufi hanno come ingrediente le nocciole: avete creato una filiera sul territorio?

«Certamente, ma utilizziamo anche nocciole provenienti dal Lazio. Sul territorio, abbiamo creato un vero indotto. La nostra azienda, a livello di dinamiche, registra il picco delle vendite nella seconda metà dell’anno».

Quali piani avete per il futuro, a questo punto?

«Di certo l’azienda è cambiata molto negli ultimi quindici anni: non produciamo più solo torrone e il cioccolato, a oggi, rappresenta una buona prospettiva. Dall’estero richiedono molto i prodotti italiani: per questo, dal 2022, abbiamo avviato una grande fase di investimento per espanderci sul cioccolato più classico, il gianduia piemontese».

L’Albese senza dubbio ha una forte vocazione all’alimentare: dal suo punto di vista, avrebbe senso creare distretti industriali specializzati per favorire la crescita economica?

«Di certo abbiamo grandi competenze da valorizzare: abbiamo una grande tradizione nel settore, con aziende soprattutto medio-piccole, che hanno continuato a innovarsi nel tempo. La nostra è un’area fortunata, perché mette a disposizione molti prodotti d’eccellenza: siamo stati bravi a promuoverli».

 

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