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Cheese 2025: assegnati i premi alla resistenza casearia

Otto i premiati quest'anno da Calabria, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Veneto e Francia

CHEESE – Assegnato il premio Resistenza casearia, che celebra chi continua a produrre formaggi e alimenti rispettando naturalità, tradizione e benessere animale: è il riconoscimento che, a partire dal 2009, Slow food assegna a ogni edizione di Cheese a quei pastori, casari, studiosi e appassionati che rifiutano le scorciatoie dell’industria e che testardamente continuano a produrre formaggi e alimenti rispettando naturalità, tradizione e benessere animale. La passione e la dedizione che dimostrano nella loro ricerca della qualità mantiene vivo uno straordinario patrimonio di competenze e paesaggi tradizionali. ù

Si tratta di produttori di piccola scala che, nonostante il duro lavoro, i rischi e l’isolamento che comportano le loro scelte, continuano a resistere. I vincitori sono stati selezionati sulla base del loro impegno non solo nella produzione di formaggi naturali a latte crudo, ma soprattutto nell’allevamento equo e rispettoso degli animali.
Otto i premiati quest’anno da: Calabria, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Veneto e dalla Francia.

Giovani che hanno scelto la montagna

Lara e Silvia Pennati – Piemonte

Cheese 2025: assegnati i premi alla resistenza casearia

Le giovani sorelle Lara e Silvia Pennati vivono a Formazza, il comune più a Nord del Piemonte. Allevano 60 vacche brune alpine a 1.300 metri di altitudine. Hanno una stalla modernissima, con robot e sensori che controllano costantemente la qualità del latte. Ma la maggior parte del tempo lo trascorrono al pascolo: si prendono cura di quasi cento ettari fra prati stabili e pascoli. Senza di loro queste terre sarebbero abbandonate. Producono eccellenti formaggi a latte crudo, come il Formazza, e poi una ricotta salata grande quanto un’anguria, la tradizionale mascherpa. Siamo orgogliosi che siano entrate nel presidio Slow food dei prati stabili e dei pascoli.

«Formazza per noi è casa – raccontano le sorelle Pennati –. Abbiamo sempre vissuto il mondo agricolo e avuto a che fare con gli animali. Siamo cocciute e ci sentiamo un po’ custodi di questo territorio: se non facessimo pascolo e sfalcio, in pochi anni il nostro paese diventerebbe un bosco, ci sarebbero più problemi di dissesto idrogeologico e un po’ per volta chiuderebbero tutti, dall’albergatore al panettiere».

Il premio è stato consegnato a Cheese 2025 da Michele Quaglia, direttore commerciale e brand di gruppo di Reale Mutua.

Prati stabili, pascoli e biodiversità

Andrea Cippitelli – Lazio

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Nel Viterbese, in un territorio invaso dalla monocoltura del nocciolo, Silvia e Andrea hanno deciso di resistere, e di fare una scelta completamente diversa. Anno dopo anno, hanno rigenerato la fertilità del suolo e migliorato la biodiversità dei prati con il metodo del pascolo razionale. Nella loro fattoria allevano vacche di diverse razze (Pezzate Rosse, Maremmane, Chianine), pecore (di razza Massese e Appenninica) e suini. Tutti gli animali sono liberi di muoversi, mangiare, bere e dormire all’aperto, giorno e notte. Il loro metodi di allevamento non solo salvaguardano la natura, ma la migliorano, la rigenerano. Con il latte crudo, Silvia e Andrea producono ottimi formaggi. Siamo felici di averli con noi, fra i produttori del Presidio Slow Food dei prati stabili e pascoli e di consegnare loro questo premio.

«Ci troviamo in un territorio fortemente interessato dalla coltivazione di nocciole – spiega Andrea – e l’avanzata dei noccioleti riduce la disponibilità dei terreni agricoli disponibili, oggi al 90% destinati a quella specifica coltura. Noi abbiamo deciso di resistere a questa tentazione: lo abbiamo fatto con lo sguardo rivolto al futuro, per lasciare alle prossime generazioni uno spiraglio, una possibilità agricola alternativa alla nocciola». Anno dopo anno, Andrea e Silvia hanno ristabilito la fertilità del suolo, seminando essenze miglioratrici e piante come la gramigna, per dare struttura e solidità al terreno e risolvere i problemi idrogeologici. «In pochi anni, grazie a metodi tradizionali di semina e trasemina e con l’aggiunta del solo letame prodotto in azienda, abbiamo triplicato la produttività dei pascoli, gestiti secondo un approccio razionale» spiega Cippitelli. Oggi Fattoria Faraoni è tra i produttori del Presidio Slow Food dei prati stabili e pascoli.

Il premio è stato consegnato a Cheese 2025 da Alessandro Stocchi, responsabile dell’Associazione Assaggiatori Parmigiano Reggiano.

Salvaguardia di una razza autoctona

Francesco D’Innocenzio – Puglia

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Francesco D’Innocenzio fa l’allevatore, come il nonno e il padre. La sua azienda, la Masseria Salecchia a Bovino, nel foggiano, è specializzata nella pecore di razza Gentile di Puglia. Si tratta di un ovino noto e apprezzato già in epoca romana per la finezza della lana, che presenta un micronaggio (cioè la sottigliezza del filato) intorno ai 20 micron, come le lane più pregiate al mondo. Una cinquantina di anni fa gli esemplari di pecora Gentile di Puglia erano più di un milione e la transumanza era pratica diffusa. Oggi sono poche migliaia e se la razza non è del tutto scomparsa il merito è di una manciata di allevatori lungimiranti.

«Mio padre, insieme ad altre quattro o cinque persone, pur vivendo negli anni del boom degli incroci con le razze estere, è rimasto fedele alla Gentile, di fatto conservandola» ricorda oggi Francesco, che è anche il referente dei produttori del presidio Slow food e della neocostituita cooperativa Allevatori di Gentile di Puglia, cui aderiscono diversi allevatori tra Puglia e Molise.

La passione è una questione di famiglia: «Da piccolo, trascorrendo tutta l’estate in masseria, profumi e sensazioni mi sono rimasti dentro: vedevo trasformare il latte, sentivo l’odore della legna che bruciava e del latte che si scaldava…». La Gentile, oltre ad avere una triplice attitudine – lana, carne e latte – ha il grande valore aggiunto di essere una razza autoctona ben adattata all’ambiente: «Riesce a sfruttare prati e pascoli che altrimenti sarebbero inselvatichiti. Quando vengono a trovarmi gli amici mi chiedono come faccio a tenere i terreni così ben puliti: io, scherzando, rispondo che ho dei tosaerba ecologici».

Il premio è stato consegnato a Cheese 2025 da Paola Dellamonica, responsabile marketing e comunicazione di Pastificio Di Martino.

Produttore straniero, migrante, che pratica l’arte casearia in italia

Pavel Sabau, Azienda Òlzeri – Piemonte

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Pavel Sabau ha 49 anni, è nato in Romania e da dieci anni fa il casaro per l’azienda La torre Òlzeri Adolfo & C.: d’estate, agli oltre duemila metri dell’alpe Sangiatto, nel territorio comunale di Baceno (Verbano-Cusio-Ossola) produce il Bettelmatt, una toma d’alta montagna a latte crudo, prodotta esclusivamente in alpeggio e con il latte di una sola mungitura: se ne ottengono quindici o sedici forme al giorno.

«Ho lasciato la Romania a 14 anni – racconta Pavel, che ormai in azienda tutti chiamano affettuosamente Paolo, a indicare quanto ormai sia uno di famiglia – e prima di arrivare in Piemonte ho vissuto a Roma, in Sicilia, ad Ancona, facevo l’operaio». Il mestiere del casaro l’ha imparato a Baceno, dove è arrivato perché un amico gli aveva detto che c’era bisogno di un operaio per mungere le vacche e gestire il bestiame di un’azienda agricola.

«Quando ha iniziato a collaborare con noi abbiamo notato che era molto dinamico» spiega Luca Òlzeri, il titolare dell’azienda, insieme al fratello Fausto e ai genitori Adolfo e Fiorella. «I primi anni stava da noi soltanto d’inverno: pensavo che d’estate tornasse a casa dalla sua famiglia. Quando ho scoperto che andava a lavorare in Francia, gli ho proposto di restare qua tutto l’anno». Pavel nel tempo è diventato un casaro bravissimo e oggi vive a Baceno con la sua famiglia. I due figli maschi sono diventati suoi colleghi: uno gli dà una mano d’estate in alpeggio, l’altro collabora con l’agriturismo. «Qui mi trovo bene e il lavoro mi piace. Faccio una cosa bella, anche se richiede un po’ di sacrifici: d’estate si inizia alle 5 e si finisce la sera tardi».

Il premio è stato consegnato a Cheese 2025 da Simone Bigotti, amministratore delegato di BBBell.

Donna casara, pastora e allevatrice – premio “Agitu ideo gudeta”

Carmelina Colantuono – Molise

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Carmelina Colantuono è una pastora transumante: ogni anno, alla fine della primavera, parte da San Marco in Lamis (Foggia) per portare le sue vacche, tra i trecento e i trecentocinquanta esemplari di razza Podolica e qualche Pezzata rossa, al pascolo in altura in Molise, nella zona tra Frosolone e Carpinone (Isernia), la cosiddetta Montagnola molisana.

Lo facevano i suoi nonni, e anche prima: «Rappresento la quinta generazione della mia famiglia – racconta Carmelina –. Attraversiamo a piedi più di venti comuni lungo i famosi tratturi, i sentieri larghi 111 metri, e dormiamo all’addiaccio. Lo facciamo perché i nostri animali vivono secondo natura: non abbiamo stalle, perciò quando fa caldo ci spostiamo verso la montagna, a quote che superano i 1300 metri, e quando arriva l’autunno scendiamo in pianura». La transumanza richiede quattro o cinque giorni, con tratte di quaranta, cinquanta o persino sessanta chilometri al giorno.

Quel che può sembrare una pratica bizzarra e fuori dal tempo, è una realtà importante anche per la salvaguardia dei tratturi e dei sentieri, che altrimenti verrebbero abbandonati. E sebbene nel 2019 la transumanza sia stata dichiarata patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco, le difficoltà per Carmelina e le sue vacche sono sempre di più: «Da alcuni anni, prima per il Covid, poi per la brucellosi e ora per la blue tongue, non abbiamo più avuto le autorizzazioni per movimentare gli animali – spiega – e così abbiamo dovuto portare gli animali sui camion. Non ho mai pensato di interrompere la tradizione della transumanza, spero soltanto che le leggi non ci facciano cambiare idea: molte norme, negli ultimi tempi sembrano andare nella direzione di distruggere le piccole aziende, anziché incentivarle e sostenerle».

Il premio è stato consegnato a Cheese 2025 da Lucia Fracassi, direttrice generale eViso.

Anziano casaro  custode di un sapere antico

Antonio Crudo – Calabria

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Antonio Crudo è un anziano pastore dell’Altipiano vibonese, in Calabria, a circa 700 metri di altitudine, e produce un pecorino a latte crudo antico, che è presidio Slow food. La sua lunga esperienza nell’allevamento e nella caseificazione è stata tramandata al figlio Gabriele, che prosegue una tradizione iniziata dai nonni.

«Sono l’unico figlio che ha proseguito questo lavoro – spiega –. Perché lo faccio? Perché papà mi ha insegnato e trasmesso la passione per gli animali, per la terra, per la lavorazione dei formaggi. Appena me ne vado anche solo per poco tempo, tutto questo mi manca: qua ci sono nato e cresciuto, per questo cerco di curare i miei luoghi. Ci metto passione e volontà, affinché migliorino sempre di più». Il presidio Slow food del pecorino a latte crudo dell’Altopiano vibonese si produce tra novembre e maggio lavorando il latte di pecore di razza Comisana, Sarda e in alcuni casi di Malvizza.

Il premio è stato consegnato a Cheese 2025 da Carlo Sambarino, responsabile territoriale retail Piemonte Sud di Bper banca.

VALORIZZAZIONE DELLA LANA

Cristina Ferrarini – Veneto

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Cristina Ferrarini è un po’ allevatrice e un po’ artigiana. In Lessinia, alleva una trentina di pecore di razza Brogna e circa 25 alpaca e con la loro pregiata lana realizza filati, coperte e sciarpe, accessori in feltro e matasse. Le sue sono lavorazioni artigianali, impreziosite dalle tinture naturali, che intrecciano tradizione e innovazione. Attraverso l’Associazione per la tutela della pecora Brogna che è anche un presidio Slow food, di cui fanno parte allevatori di piccola scala tra le province di Verona e di Vicenza, è impegnata a contrastare l’abbandono della razza ovina, cercando di sviluppare una filiera non soltanto alimentare ma imperniata soprattutto sul riutilizzo della lana.

«C’è tanta correlazione tra quel che succede in stalla e ciò che poi si fa in laboratorio» spiega Cristina. Quest’anno l’associazione, di cui è vicepresidente, ha raccolto circa 2700 chili di lana da dieci allevatori: «L’abbiamo dovuta mandare a Biella per il lavaggio, una cosa che un singolo allevatore non avrebbe potuto fare. Ecco perché essere un gruppo è importante». La lana, una volta lavata, viene acquistata da Cristina che in laboratorio la lavora per farne filati da vendere sul mercato dell’hobbistica tessile, agli appassionati della maglia e dell’uncinetto: la sua bottega-laboratorio è un luogo vivo, dove il sapere antico incontra la sperimentazione creativa. Nell’azienda agricola a conduzione familiare nata dalla sua intuizione oggi lavorano anche i suoi figli Michele ed Elisa, oltre al marito Andrea.

Il premio è stato consegnato a Cheese 2025 da Daniela Balestra, vice presidente vicaria di Confartigianato Cuneo.

ATTIVISMO PER I VALORI DELLA RESISTENZA CASEARIA

Nicolas Floret – Francia

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Nicolas Floret è il fondatore e presidente dell’Association fromages naturels de France, creata nel novembre 2019 con l’obiettivo di mettere in rete i Presìdi Slow Food e, più in generale, difendere formaggi francesi tradizionali e il latte crudo. Per la terza volta Nicolas e gli altri produttori hanno organizzato una vera e propria carovana che ha attraversato tutta la Francia per incontrare casari e pastori, raccogliere i loro formaggi e portarli a Cheese, in uno stand collettivo. L’obiettivo della carovana è visitare aziende e pascoli, mettere in rete i produttori dei Presìdi francesi, perché possano scambiarsi idee sui problemi, le soluzioni, le principali sfide del futuro: dai cambiamenti climatici alla creazione di nuovi futuri Presìdi Slow Food, dall’impegno per il benessere degli animali all’uso di fermenti naturali.

Il premio è stato consegnato a Cheese 2025 da Rolando Bossi, amministratore delegato di Radeberger Gruppe Italia e creatore di QBA Quality Beer Academy.

Redazione

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