Il caso / Tradizione sotto accusa il latte crudo è divisivo

Il caso / Tradizione sotto accusa il latte crudo è divisivo

di  Chiara Nervo

IL CASO – Il latte crudo divide come pochi altri temi nel panorama alimentare. Per alcuni è l’anima dei formaggi autentici, tradizionali e culturali, simbolo di un’agricoltura rispettosa di territori e tradizioni. Per altri, invece, rappresenta un rischio sanitario da contenere. La polemica si è riaccesa proprio negli ultimi mesi e ha trovato terreno fertile nella quindicesima edizione di Cheese, la rassegna internazionale organizzata da Slow food e dalla Città di Bra, con il sostegno della Regione Piemonte, che si è chiusa pochi giorni fa.

Le caratteristiche

Il latte crudo è un prodotto che non subisce pastorizzazione: non raggiunge mai temperature superiori a 40°C. Così facendo, conserva intatta la flora microbica naturale, essenziale per il gusto e la complessità dei formaggi artigianali. Ma in quella flora possono nascondersi patogeni come Salmonella, Campylobacter o ceppi di Escherichia coli produttori di Shiga-tossina (Stec), responsabili di infezioni gravi a livello intestinale e renale. Negli ultimi anni si sono registrati richiami in Europa e negli Stati Uniti per contaminazioni batteriche, e in Italia il Ministero della salute ha emanato nuove linee guida per il controllo degli Stec, dopo alcuni casi di sindrome emolitico-uremica.

Il caso, che ha riacceso il dibatto, vede come protagonista un bambino bellunese di 15 mesi, ricoverato a Padova dopo aver mangiato formaggio a latte crudo. Ma se le Autorità sanitarie alzano il livello di attenzione, aumenta la pressione per i piccoli produttori.

Serve informare

Come ha spiegato Serena Milano, direttrice di Slow food Italia, «il latte crudo resta divisivo, ma oggi vediamo dei segnali incoraggianti. Siamo consapevoli dei rischi collegati al consumo, tuttavia siamo altresì convinti che, con la giusta informazione ed educazione, possano essere altamente contenuti. Non possiamo sacrificare il nostro patrimonio gastronomico e culturale per un prodotto standardizzato e industriale. Lavorare il latte crudo in sicurezza è fattibile e, oserei direi, è l’unica strada per i formaggi del futuro».

Timori e pericoli

Nonostante le rassicurazioni le preoccupazioni tra i produttori restano tante. Le nuove normative prevedono controlli di sicurezza rigidi e costosi. Costi che, per un piccolo produttore, diventano insostenibili. Un pezzo di danno è già stato fatto: alcuni, per timore, hanno già iniziato a pastorizzare, perdendo parte del patrimonio microbico del latte.

È così che oggi i formaggi artigianali a latte crudo rischiano di scomparire. I costi sono troppo elevati, la burocrazia non fa distinzioni tra artigiani e industria e mancano i servizi primari nelle terre alte. Una strada esiste: effettuare meno controlli ma più mirati e aumentare l’informazione e l’educazione del produttore, per costruire filiere trasparenti. Non è solo una questione di gusto, ma anche di cultura, storia e tradizione. Perché quando mangiamo un formaggio a latte crudo, stiamo assaporando la storia, le conoscenze, i saperi. Stiamo preservando i pascoli e le razze locali. Stiamo aiutando a prevenire lo spopolamento delle montagne.

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