
ALBA «Inutile vendere il Barolo a New York, se poi, in cinque minuti, torniamo indietro di dieci anni: forse è arrivato il momento di tornare a occuparci di più del nostro territorio». Lo ha detto questa mattina, 15 luglio, alla scuola enologica Alberto Grasso, l’agronomo dell’azienda agricola Mirafiore di Fontanafredda. L’occasione è stata la conferenza di stampa organizzata per tirare le somme di Accademia della vigna, progetto nato due anni fa dall’iniziativa dell’impresa sociale Weco, insieme a una rete di partner – in testa, il Consorzio del Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani, ma anche l’Umberto I. La cantina di Serralunga è tra le 12 aziende che hanno creduto nel progetto.
Il tema è importante oggi più che mai, dopo le inchieste che hanno scoperchiato un sistema di sfruttamento e caporalato sulle ricche colline di Langa, aspetti di cui Gazzetta parla da anni.

Accademia della vigna, in particolare, propone un modello etico: da un lato offre un’opportunità formativa e occupazionale per persone alla ricerca di un’occupazione nel settore agricolo e dall’altro lato consente alle aziende di assumere direttamente braccianti formati, senza dover ricorrere ad altri sistemi. Non solo: Accademia trasversalmente tocca aspetti come la casa e i documenti, visto che spesso i braccianti stranieri non sono del tutto regolari.
Come funziona Accademia della vigna
Il percorso dura 12 mesi, al termine dei quali l’obiettivo è l’assunzione. Dai corsi pratici in vigna, con agronomi di alta professionalità, alle lezioni teoriche su sicurezza e sui diritti dei lavoratori.
Ha spiegato Maria Cristina Galeasso, che fa parte del team di Weco: «In due anni, abbiamo ricevuto 164 candidature. A parte sei italiani, abbiamo incontrato tutti stranieri, quasi la totalità di origine africana. Tutti hanno conosciuto sempre e solo il lato peggiore delle vigne, cioè violenza e sfruttamento. Oggi 24 persone che hanno seguito il corso sono assunti nelle 12 aziende partner».
Sergio Germano, nuovo presidente del Consorzio del Barolo, ha ribadito la volontà di portare avanti il progetto, potenziandolo.

Daniele Eberle, agronomo e coordinatore didattico di Accademia ha detto: «Le imprese agricole oggi purtroppo non hanno il tempo per formare i lavoratori: sono impegnati a fare business. La formazione, però, è essenziale per una viticoltura di qualità come la nostra. Con Accademia, mi sono trovato di fronte a lavoratori volenterosi, che cercano dignità e occupazione».
Grasso, di Fontanafredda, ha concluso: «La normativa per gli stranieri è vergognosa in Italia: in passato abbiamo formato lavoratori, nell’ambito di altri progetti, per poi vederli diventare clandestini. Dall’altro lato, la carenza di personale in vigna è cronica: prima c’erano i ragazzi e le ragazze della zona, poi spariti; in seguito, sono arrivati i lavoratori dell’Est, spariti anche loro. Il motivo? I giovani di oggi e le seconde generazioni non vogliono più lavorare in vigna. Quando ammetteremo che esiste anche un problema di stipendi?».
f.p.
