
TERZA ETÀ Nella ricerca: “Come si invecchia in un Piemonte sempre più anziano?”, pubblicata da Ires Piemonte nelle scorse settimane, una delle prime riflessioni è di natura demografica. Secondo i dati riferiti dall’istituto di ricerca regionale, al 31 dicembre 2023 i residenti in Piemonte con 65 anni e oltre ammontano a 1 milione e 131mila, pari al 26,6 per cento del totale della popolazione: nel 2003 sfioravano i 929mila e costituivano il 21,8 per cento del totale, mentre nel 1993 erano 767.600, appena il 17,8. In un trentennio la quota di popolazione anziana ha visto un incremento del 46 per cento.
Si tratta di persone che possono rappresentare un inestimabile patrimonio di esperienza competenza, un archivio storico vivente, ma anche un impegno sociale e sanitario: il progredire dell’età sovente è associato a problematiche di salute.
Per comprendere la situazione nel nostro territorio abbiamo parlato con Donatella Croce, psicoterapeuta e assessora alle politiche sociali del Comune di Alba.
Croce, quali sono le principali difficoltà che gli anziani si trovano a vivere nell’Albese?
«Anche ad Alba l’emergenza sanitaria da Covid-19 ha colpito in modo particolare gli anziani, non solo perché biologicamente più esposti al virus, ma anche perché (in qualche modo come i ragazzi più giovani) hanno subito più di tutti gli effetti del pesante isolamento sociale. In particolare, questa situazione in molti casi ha accelerato la fase della dipendenza da altri anche per la gestione delle consuete attività quotidiane e ha portato a manifestare depressione, ansia e disagio psicologico, Tra le principali cause emergono, per esempio, l’interruzione repentina dei rapporti sociali, dei legami familiari, del contatto fisico. Si tratta di fattori fondamentali per la prevenzione del declino cognitivo, ma anche per il mantenimento della percezione di sé come persona di valore e di senso per gli altri».
Oggi che la pandemia è terminata, qual è la situazione nella zona?
«Nonostante l’emergenza sanitaria ora sia terminata, permane per moltissimi anziani la difficoltà a tornare a quelle condizioni funzionali, psichiche e sociali precedenti alla pandemia. Tanti vivono in uno stato di solitudine e di isolamento, presupposti che spesso portano all’insorgenza di sindromi depressive: situazioni che il più delle volte sono difficili da intercettare dai servizi socio sanitari perché non hanno ancora acquisito lo status di disagio conclamato. Per i molti che non sono inseriti in reti familiari e amicali viene meno il normale processo di “protezione sociale”, e questo accentua maggiormente le problematiche di accesso ai servizi. Bisogna considerare anche la dimensione economica del problema: spesso gli anziani hanno pensioni minime con le quali ogni mese cercano di fronteggiare le spese ordinarie. È però quando sopraggiunge un imprevisto che si trovano in serie difficoltà».
Chi sono, e quanti, gli anziani fragili di questo territorio, e quale fortuna vivono invece gli anziani che sanno “invecchiare bene”?
«Ad Alba a fine 2023 gli over 65 erano 7.694 unità, pari al 24,6 per cento della popolazione, una cifra rilevante rispetto al totale dei residenti. Gli anziani fragili del nostro territorio sono le persone sole, a volte anche affette da patologie più o meno importanti, che appartengono a nuclei di tipo uni-personali, a volte prive di un contesto familiare presente o comunque capace di intercettare i bisogni della persona anziana. I soggetti instabili economicamente riescono a fronteggiare con molte attenzioni le spese ordinarie, ma non sono in grado di superare un evento economico straordinario, come per esempio l’aumento dell’affitto o il reperimento di un’abitazione più accessibile, o ancora la necessità di avere un aiuto esterno nella gestione delle incombenze quotidiane che non sono più in grado di espletare da soli. La fragilità è data anche dalla solitudine sociale e dalla difficoltà a orientarsi tra i vari servizi offerti o presenti sul territorio, (come Inps, Agenzia delle entrate, Servizi territoriali di assistenza, Caaf). Ad Alba ci sono anche moltissimi anziani che sanno “invecchiare bene”. Sono ancora attivi e dal punto di vista fisico in salute, inoltre coltivano curiosità culturali e dedicano del tempo in qualità di volontari in varie associazioni e ambiti, sono di grande supporto per la gestione quotidiana dei nipoti, praticano varie attività sportive e sono inseriti in contesti sociali dove la relazione con gli altri è un ulteriore stimolo per partecipare a iniziative di vario genere».
Maria Delfino
