
di Filippo Bonardo Conti
L’INTERVISTA – Ci troviamo a Serralunga d’Alba dove Michelangelo Mammoliti, doppia stella Michelin, dal 2022 è lo chef del ristorante La Rei natura. Nominato chef emergente da Gambero rosso, Miglior chef dell’anno da Identità golose e tra i The best chef awards, ci ha raccontato la sua idea di cucina.
Mammoliti, i suoi piatti mostrano una visione internazionale, dove si è formato?
«Sono nato a Giaveno e cresciuto ad Almese, un piccolo paese piemontese ai piedi delle Alpi, in una famiglia in cui la cucina è sempre stata il centro. Qui mi sono avvicinato alla natura. Il mio percorso in cucina è stato costellato da incontri straordinari, iniziando da Gualtiero Marchesi, prima a L’Albereta e poi al Marchesino, e proseguendo con Stefano Baiocco, che mi ha dato lo slancio per andare in Francia. Lì ho avuto la fortuna di lavorare con grandi maestri come Ducasse, Gagnaire, Alléno e Meneau: da loro ho imparato il valore dell’eccellenza, del rigore e della responsabilità di guidare una brigata. Un ruolo speciale lo ha avuto anche Fréderic Lalos, uno dei migliori panificatori di Francia, che mi ha trasmesso la passione per l’arte bianca».
Quali sono le principali differenze tra l’alta cucina francese e quella italiana?
«La francese rappresenta una scuola classica che ha formato molti chef italiani. Offre solide basi tecniche, soprattutto sulle salse, sulle cotture e sulla ricerca e valorizzazione della materia prima. La cucina italiana, invece, è fortemente legata alla tradizione regionale e si distingue per un approccio più diretto e di cuore. Non che la cucina francese non sia generosa, ma tende a essere più sofisticata e complessa, con preparazioni spesso lunghe ed elaborate. Quella italiana, al contrario, predilige la semplicità e l’immediatezza: piatti più essenziali capaci di esprimere autenticità con pochi ingredienti di qualità».
Nel suo ristorante ci si sposta in diverse sale durante la degustazione, ci spiega?
«Il percorso nasce dall’idea di ricreare l’esperienza di un pranzo in famiglia a casa di mia madre, in campagna. Lì, grazie agli ampi spazi, era consuetudine iniziare con un aperitivo in cucina o all’aperto, per poi spostarsi nella sala da pranzo e, infine, concludere in sala, con dessert e caffè. Abbiamo riprodotto questo percorso per rendere la degustazione più dinamica: trascorrere tre ore o più seduti al tavolo può essere impegnativo, mentre spostarsi rende l’esperienza più piacevole e coinvolgente».
Verdure, frutta, vegetali, spezie, radici e fiori sono sempre più presenti. Il futuro sarà in questa direzione?
«La cucina si sta orientando verso il mondo vegetale, ma non è una novità assoluta: la tradizione italiana, soprattutto al Sud, ha sempre avuto al centro legumi, frutta e verdura. Questo perché un tempo carne e pesce erano costosi e non sempre disponibili, si cucinavano piatti poveri, oggi autentici e identitari come la parmigiana, le polpette di melanzane o i piatti a base di fagioli o ceci. Porto avanti questa eredità, proponendo ortaggi e vegetali nei nostri menù, riletti in chiave contemporanea».

Il mondo vegetale è ben espresso nel menù Mad100%Natura, può descriverlo?
«Non è soltanto una sequenza di portate, ma il racconto di un lavoro collettivo: quello della nostra brigata e dei nostri collaboratori, agricoltori, produttori e allevatori che ci forniscono materie prime straordinarie. In questo percorso rientrano i prodotti del nostro orto, quelli coltivati in serra e quelli ricercati. È molto più di una moda: rappresenta uno stile di vita fondato sul rispetto della natura e sulla volontà di ottenere ingredienti di altissima qualità».
A proposito di orto e serra, quali sono i vegetali più particolari che avete e quelli che arrivano da più lontano?
«La serra è il cuore del nostro ristorante. Lì coltiviamo le piante che cresceranno nel-
l’orto e le erbe che utilizziamo nei nostri piatti. Ogni anno ci dedichiamo ad arricchire la coltivazione con nuovi ingredienti provenienti dai Paesi che abbiamo visitato. Dall’Africa ho portato l’ocra, dalla Thailandia e dal Vietnam delle varietà di coriandolo, dal Messico l’epazote e il culantro. La varietà delle colture varia in base alla stagione e comprende 134 tipi di pomodori, una dozzina di varietà di carote, circa 10 di barbabietole, oltre a indivie, asparagi, cavoli e cavolfiori e molto altro. Un patrimonio vegetale vastissimo, che ci permette di proporre piatti sempre nuovi e sorprendenti, in accordo con i tempi della natura».