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Servono centomila euro per formare nuovi operatori sociosanitari

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ASSISTENZA Non solo medici e infermieri: in prima linea, nella battaglia contro il Covid-19 ci sono anche gli operatori sociosanitari attivi negli ospedali, nelle residenze per anziani e in tutte le strutture assistenziali. Se gli infermieri si occupano delle questioni sanitarie, l’Oss si cura di aspetti fondamentali, come l’igiene personale, la mobilitazione, la prevenzione delle ulcere, l’assistenza durante i pasti o il rilevamento dei parametri basilari. La carenza di queste figure professionali era denunciata dai sindacati già prima della pandemia, anche nella nostra Asl, ma la situazione si è aggravata da quando è scoppiata l’emergenza, tra carichi di lavoro aumentati e Oss che si ammalano, con l’impossibilità per le aziende sanitarie e le direzioni delle residenze per anziani di trovare nuovi professionisti da inserire in organico, mettendo a rischio l’assistenza. Come ha detto nei giorni scorsi il segretario regionale della Cisl Fp Alessandro Bertaina, in provincia di Cuneo servirebbero al più presto almeno 250 Oss, per reggere il peso della seconda ondata pandemica.

Ma perché mancano questi operatori così essenziali nel mondo della salute? Come per i medici, vittime di un sistema che impedisce a giovani professionisti di accedere alle specializzazioni, anche in questo caso la causa va ricercata nel meccanismo di formazione. Si diventa operatori sociosanitari dopo aver frequentato percorsi specifici, regolati in modo autonomo da ogni Regione. In Piemonte, sono riconosciuti soltanto i corsi accreditati e gratuiti, rivolti a disoccupati. Peccato che, anno dopo anno, le possibilità di formazione siano progressivamente diminuite.

Sul territorio di Alba e Bra, fino a un anno fa, era stato mantenuto un solo corso da 25 posti: un numero certamente insufficiente di persone immesse sul mercato dopo le mille ore di studio previste, se si pensa che sono una quarantina le case di riposo della Cn2, senza dimenticare le strutture per disabili, il fabbisogno del nuovo ospedale Ferrero e dell’assistenza domiciliare.

Servono centomila euro per formare nuovi Oss
Gionni Marengo, presidente di Apro

Lo scorso anno Apro è riuscito a fare partire un secondo corso, sempre da 25 posti, gratuito e aperto a tutti. Un obiettivo raggiunto grazie al finanziamento della fondazione Crc, di Apro e di 14 case di riposo. Ma oggi, senza finanziamenti immediati, ma soprattutto con un’emergenza sanitaria che richiede in modo urgente personale, la scuola di via Castelgherlone lancia un appello a tutti gli enti attraverso le parole del presidente Gionni Marengo, che spiega: «Grazie ai due corsi avviati lo scorso anno, 48 nuovi Oss hanno trovato assunzione immediata. Dal momento che la pandemia è scoppiata quando stavano ancora seguendo il loro percorso di formazione, sono entrati nel mondo del lavoro dopo 480 ore di corso, in prima linea sul territorio: già solo questo dato dimostra il bisogno che esiste nella Cn2. In questo momento, ci ritroviamo con uno solo corso ai nastri di partenza, quello finanziato dalla Regione. Stiamo svolgendo le selezioni: per 25 posti abbiamo ricevuto 300 candidature. Significa che dovremo escludere 275 persone. Ed è un’assurdità, se si pensa al bisogno di queste figure professionali».

Apro ha pertanto iniziato a bussare a molte porte alla ricerca dei fondi: «Per far partire un corso per 25 persone, servono 107mila euro, dal momento che dovrà essere del tutto gratuito per i partecipanti, così da essere riconosciuto dalla Regione. Tengo a precisare che per Apro non c’è alcun guadagno, se non fornire un servizio. Anzi, lo scorso anno, Apro ha cofinanziato l’iniziativa con fondi propri per 20mila euro. L’Albese deve dimostrare ancora una volta di investire per il bene di tutti: il mio appello va alle diverse realtà del territorio, perché sostengano il comparto sociosanitario, ora in grande emergenza», conclude Marengo.

Francesca Pinaffo

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