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La Granda parte alla riscossa: l’occupazione

È difficile calcolare l’andamento dell’occupazione per un semplice motivo: in emergenza le imprese tendono ad abusare delle assunzioni a tempo determinato o di contratti precari di brevissima durata, eludendo l’impegno che comporterebbero assunzioni a tempo indeterminato.

A giudicare dal numero di procedure di assunzione avviate, sembrerebbe che in Piemonte il mercato del lavoro sia in grande ripresa. Il trabocchetto statistico è evidente, ma è stato studiato un modo per valutare il volume di lavoro realmente attivato: il calcolo restituisce risultati tutt’altro che rassicuranti.

Di meno. L’Osservatorio regionale del mercato del lavoro evidenzia come il numero totale delle procedure avviate abbia subito un incremento del 5 per cento, dovuto quest’ultimo alla grande ripresa dell’industria manifatturiera (più 35 per cento) e alla moderata ripresa del comparto agricolo (più 4,4 per cento).

Eppure, se calcoliamo il volume del lavoro reale otteniamo una complessiva contrazione del 9,3 per cento. Quanto all’industria, si assiste a un miglioramento del volume lavorativo (più 8,6 per cento, in discesa di due terzi rispetto alle procedure avviate), con saldo positivo nel settore della chimica gomma-plastica e nel metalmeccanico e una flessione nel tessile-abbigliamento (-8,5 per cento).

Male i settori delle costruzioni, del commercio e del turismo.

Servizi. Pure nel campo dei servizi, se escludiamo le eccezioni – la pubblica amministrazione, il sistema dell’istruzione e l’area dei servizi personali, i quali presentano un incremento del volume di lavoro rispetto alle procedure avviate – assistiamo all’“infiacchimento” del mercato: sanità, assistenza, servizi alle imprese, alberghi, ristoranti, credito e assicurazioni mostrano andamenti negativi.

I deboli. Si nota come le classi di popolazione maggiormente soggette al gap negativo tra procedure di assunzione avviate e volume di lavoro reale (dunque soggette a maggiore precarietà), siano quelle tradizionalmente considerate “deboli”, ad esempio gli immigrati o le donne: la recessione sembra risparmiare esclusivamente coloro che già ne erano al sicuro, in un evidente paradosso economico.

Lo studio della Regione evidenzia come, nel mare di negatività che abbraccia il Piemonte, sia la Granda la provincia più lanciata alla riscossa: nel periodo di tempo analizzato, si assiste a una contrazione del volume di lavoro del 4,5 per cento, a fronte di una media regionale del 9,3 per cento.

Matteo Viberti

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