Sulla Granda la crisi pare allentare la morsa, concedere ossigeno al mondo imprenditoriale e occupazionale: lo dicono gli studi di Confindustria Cuneo, che analizzano l’andamento dell’economia manifatturiera nell’anno passato e fanno proiezioni sul primo trimestre 2011 rispetto a tutti i settori produttivi.
Si registra un incremento su tutti gli indicatori presi in considerazione: i problemi principali sono l’aumento del costo delle materie prime, dell’energia e del personale.
E i tempi dei pagamenti continuano a essere dilatati: ma si registrano, complessivamente, indiscutibili miglioramenti rispetto ai mesi precedenti.
Indicatori che sorridono. Nel dettaglio, tra il campione di aziende interpellate, il 43,3 per cento dichiara un incremento del fatturato rispetto all’anno precedente: nel 2009 erano il 13,2 per cento.
Quelli che comunicano una diminuzione del fatturato scendono dal 66 al 31,7 per cento. Analoghi andamenti per la produzione: la quota di aziende che dichiara un aumento ammonta al 35 per cento, cifra importante se paragonata all’11,2 per cento del 2009. Abbiamo poi i dati sull’export, in crescita per il 31,6 per cento e in diminuzione per il dieci per cento delle aziende intervistate (quest’ultimo dato nel 2009 ammontava al 38 per cento). Da ultimo gli investimenti: se nel 2009 le aziende che dichiaravano di non avere investito nulla erano il 44,2 per cento, la stessa cifra scende al 29,8 nel 2010.
Riscossa. Confindustria Cuneo utilizza il campione di 167 aziende manifatturiere per delineare lo scenario per il primo trimestre 2011: gli indicatori presi in considerazione – produzione, nuovi ordini totali e nuovi ordini dall’estero – sono in crescita, mentre il ricorso alla cassa integrazione riguarda il 19 per cento delle aziende: il dato si distanzia di molto dal picco della crisi, registrato nel terzo trimestre del 2009 sul 41 per cento.
Chiudono in positivo pure gli investimenti e il grado di utilizzazione degli impianti, e si attestano su valori accettabili i ritardi dei pagamenti. Stesso discorso per settori come meccanica, chimica-gommaplastica e industria cartaria.
A giudicare dalla neutralità dei dati pare che la Granda si scuota dalle fibbie della crisi. Una riscossa equivalente, in Piemonte, più a un’eccezione che a una costante (vedi anche qui e qui).
Obiezioni. Alfio Arcidiacono, sindacalista Fiom-Cgil, è però critico: «Dal calcolo delle cancellazioni dalle liste di mobilità del comparto metalmeccanico, rileviamo come solo il trenta per cento dei lavoratori sia stato effettivamente ricollocato. Per tutti gli altri, o è scaduto il tempo disponibile per la mobilità – dunque sono cancellati dalle liste ma risultano, a oggi, disoccupati – o sono stati assunti con contratti ultraprecari».
Arcidiacono rileva come le statistiche, sovente, siano ingannevoli: negli anni, ad esempio, il settore metalmeccanico ha perso il venti per cento dell’organico occupazionale. È vero che le assunzioni sono in incremento, ma in assoluto l’indotto lavorativo si attesta su livelli più bassi rispetto al periodo pre crisi.
Matteo Viberti