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Addio, Comunità montane

«Le Comunità montane come sono organizzate oggi non hanno più senso». Parola dell’assessore regionale agli enti locali Elena Maccanti, che lunedì scorso ad Alba, davanti a una folta platea di amministratori di Langa e Roero, ha confermato quanto aveva già detto qualche giorno prima in un convegno a Torino. Non si può dire che l’Assessore non parli chiaro («Scusate la franchezza» è stato il suo intercalare per tutta la riunione), tanto da arrivare a usare (sempre scusandosi per la franchezza) il termine “rottamazione” (poi corretto in “prepensionamento”) a proposito del destino che attende il personale degli enti montani.

Maccanti ha assicurato che la Regione adotterà le opportune garanzie per i 435 dipendenti da… rottamare (in alta Langa sono una quindicina), che potrebbero essere assorbiti dalla Regione o dai Comuni, soluzione quest’ultima non facile da praticare in un’area ricca di piccoli centri come l’alta Langa. All’incontro era presente anche il collega di Giunta Alberto Cirio. «Saremo noi a gestire il riordino degli enti locali. È una grande opportunità per il territorio. Nessuno cancellerà i Comuni», ha detto Cirio, mentre Maccanti, prima di intonare il De profundis per le Comunità montane, aveva sottolineato il ruolo dei sindaci nella riforma: «Non caleremo nulla dall’alto. Mettiamo al centro il Comune perché è l’ente più vicino ai cittadini e perché ci fidiamo dei sindaci. Saranno loro a scegliere le forme associative più adatte».

Le opzioni sono due: unioni o convenzioni. Queste ultime sono più snelle, non sono soggette a limiti demografici e permettono ai Comuni di mantenere l’autonomia di bilancio. Per le unioni (dal 2014 soggette al patto di stabilità) saranno invece fissati alcuni “paletti”: 3 mila abitanti per i paesi di montagna e collina e 5 mila per quelli di pianura, con possibilità di deroghe al… ribasso per le aree montane o disagiate se mancherà qualche centinaio di abitanti. I due Assessori sono parsi più favorevoli alle convenzioni, anche se hanno ribadito che la scelta spetterà ai sindaci. Maccanti ha anche bocciato senza mezzi termini («Non l’accetterò mai») la proposta dell’Uncem che individua in 20 mila abitanti l’ambito ottimale per la gestione dei servizi. Non ha incontrato molti consensi neppure la proposta dell’Anpci, che per le unioni in zone montane ritiene sufficiente una popolazione pari al quadruplo del Comune più piccolo. Se così fosse, tanto per fare un esempio, Bergolo e Gorzegno (67 e 332 abitanti) sarebbero in grado da soli di dare vita a un’unione.

La convenzione piace anche al sindaco di Priocca e consigliere provinciale Marco Perosino: «È la soluzione migliore perché lascia più autonomia ai Comuni, mentre l’unione svuota il ruolo dei sindaci. Se io contraggo un mutuo e poi il mio Comune viene accorpato, il mutuo lo pagano gli altri?». «La convenzione va bene, ma ha un difetto: prevede un capoconvenzione. Se cambia l’amministrazione nel Comune capofila, si sciolgono i Comuni aderenti? E poi, nella nostra zona abbiamo già quasi tutti i servizi associati», ha precisato il sindaco di Monesiglio Carlo Rosso, servendo su un piatto d’argento a Cirio la possibilità di solleticare l’orgoglio langhetto. «Siamo più avanti degli altri», ha ribadito l’Assessore di Sinio.

L’annunciata chiusura delle Comunità montane ha (ovviamente) incontrato il favore del sindaco di Murazzano Gianni Galli, da sempre in rotta di collisione con l’ente di Bossolasco: «Sono favorevole alla soppressione. L’Uncem dice che le Comunità montane sono già unioni di Comuni, ma non è vero, perché oggi negli enti montani ci sono paesi che non sono rappresentati». Un invito a salvare le cose che funzionano delle Comunità montane è arrivato da Ivan Borgna, primo cittadino di Albaretto della Torre e presidente dell’Assemblea dei sindaci dell’alta Langa. E tra le cose che funzionano, ci sono proprio i servizi associati, che molti Comuni già svolgono attraverso gli enti ora destinati a chiudere.

Corrado Olocco

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