Giancarlo De Cataldo «Più vogliono batterci più mi sento forte»

Giancarlo De Cataldo Impegnato tra un buon bicchiere di rosso e il suo inseparabile sigaro ad autografare il suo ultimo libro In giustizia, lo scrittore-magistrato Giancarlo De Cataldo, autore di quel Romanzo criminale che, nelle sue varie declinazioni, continua a quasi dieci anni dalla pubblicazione a mietere nuovi ammiratori e a far parlare di sé, si è fermato a fare quattro chiacchiere con Gazzetta prima del suo intervento albese di domenica 20 novembre nella chiesa di San Domenico nell’ambito della rassegna Collisioni.

Giudice De Cataldo, anche se la figura del magistrato è sempre più additata come la causa di tutti i mali del nostro sistema giudiziario, fare il giudice resta il sogno per molti giovani che si avvicinano al mondo del diritto. Ne vale la pena?

«Da “grande vecchio” mi sento in dovere di trasmettere un messaggio di ottimismo ai ragazzi: è vero che la nostra è una giustizia imperfetta, ma è lo stesso concetto di giustizia che è in continuo divenire, in eterno potenziale miglioramento. Ultimamente ci sono stati parecchi passi indietro, in particolare ai danni di noi giudici, manon dobbiamo mai dimenticarci di quelli in avanti che abbiamo fatto negli ultimi decenni. Io poi sono per il “quando il gioco si fa duro, iduri iniziano a giocare”: più provano a buttarci giù e demoralizzarci e più io mi sento forte e intenzionato a resistere».

Il fenomeno Romanzo criminale sembra inarrestabile. Dopo il boom del film diretto da Michele Placido, la serie prodotta da Sky si è rivelata un gioiellino con un seguito da serial americano, tant’è che il cofanetto della seconda stagione è risultato il dvd più venduto dell’anno in Italia. Come si spiega un successo così clamoroso?

«Anche se in molti mi hanno criticato per aver dato tanto spazio ai brutti ceffi che vivono nelle pagine del mio romanzo, io rispondo sempre che la storia italiana recente è una storia in gran parte criminale, anche se spesso ce ne dimentichiamo. Basta portare alla mente gli anni di piombo e le stragi mafiose, figure come quella di Vallanzasca o della stessa banda della Magliana per capire che io non mi sono inventato niente di nuovo: probabilmente era forte la voglia degli italiani di conoscere quei periodi senza le ipocrisie e i trucchetti della fiction nostrana. Sono poi particolarmente orgoglioso della serie andata in onda sulla paytv, un prodotto di prima qualità che ha fatto numeri davvero importanti».

Dal linguaggio giuridico e letterario, a quelli televisivi e cinematografici (il bellissimo Noi credevamo sceneggiato da De Cataldo, dopo aver fatto incetta di David di Donatello, è stato a un passo a essere investito come candidato italiano per gli Oscar 2012. Qual è la sua prossima opera destinata a compiere il grande passo?

«Da buon siciliano superstizioso, finché non siamo sul set a girare non parlo! Ma qualcosa bolle in pentola…».

Alberto Giordano

Banner Gazzetta d'Alba