«Dal treno non avreste sentito l’annuncio», si è giustificato il ferroviere addetto, la mattina di martedì 21, per non aver comunicato ai viaggiatori, dagli altoparlanti della stazione di Alba, un ritardo di ben 35 minuti. Si trattava della corsa delle 7.08, in partenza da Alba per Cavallermaggiore.L’autobus sostitutivo sarebbe arrivato alle 7.42; ai pendolari la risposta fornita è suonata quasi come uno scherzo: «L’ho detto a una ragazza ».
Tra i pendolari, Luis Cabases, giornalista, il quale dichiara: «Vivo a cento metri dalla stazione e, in casa, si sente bene ogni annuncio, così come lo scampanellio del passaggio a livello che si chiude. Ma nell’epoca della tecnologia digitale le Ferrovie si affidano al passaparola».
Non c’era alcun “problema tecnico” dovuto alla neve o al gelo, la mattina di martedì, mancava invece il capotreno. «Passiamo la nostra vita in balìa del disprezzo dei diritti, senza nessun rispetto delle regole e dei soldi che spendiamo per viaggiare», continua Cabases. E i suoi colleghi pendolari sembrano essere dello stesso avviso, quando, la mattina successiva, saliamo sullo stesso treno per conoscere da vicino i loro disagi. Tre minuti di ritardo, come se nulla fosse, vengono registrati anche sulla corsa di mercoledì.
«I piccoli ritardi ingiustificati infastidiscono, eccome », commenta Luisa. «Anche quando nessun problema impedisce di viaggiare in orario, sembra che ci sia poco rispetto per gli utenti».
La corsa prosegue fino a Cavallermaggiore, poi il cambio per Torino. Su questo secondo treno viaggiamo in piedi, insieme a molti altri pendolari diretti al capoluogo. Gli unici posti disponibili, per chi cambia a Cavallermaggiore, sono quelli nelle cabine di collegamento tra le carrozze, in piedi. Qualche studente ripete la lezione con la schiena appoggiata alla parete, un’anziana si aggrappa come può alle maniglie delle porte, proprio dove c’è scritto «Non appoggiarsi», e due fidanzatini, uno in braccio all’altro, se ne stanno su uno di quei “sedili” tra una carrozza e l’altra, quelli che si tirano giù dal muro del vagone.
«È sempre così questo viaggio, si è fortunati se ci si può sedere e sbrigare del lavoro», dice un pendolare in giacca e cravatta, indicando un tizio comodamente seduto al suo posto, col pc sulle ginocchia. Per andare a Torino, da Alba, è meglio prendere il diretto delle 6.55, come ci conferma Anna Bosticco, che mercoledì si recava all’Università, come di consueto. Un treno che arriva quasi sempre puntuale, ma che il 22 febbraio, ironia della sorte, ha registrato 12 minuti di ritardo. «In questo modo», aggiunge Anna, «non sono potuta arrivare in tempo alla fermata del bus, perdendo uno dei pochi mezzi che mi portano a Palazzo nuovo».
Chiara Cavalleris
Foto Marcato