Agnelli: pochi e sconosciuti

PAROLDO La buona notizia è che l’agnello delle Langhe avrà, oltre a un marchio identificativo, anche un programma di tracciabilità per tutelare il consumatore. Quella cattiva è che in alta Langa gli agnelli (e le pecore) sono sempre meno. Ed è proprio per cercare di rilanciare l’allevamento nella zona che è stato varato il progetto illustrato la scorsa settimana a Paroldo. A fare il punto sulla situazione dell’allevamento in alta Langa è stato Claudio Adami, presidente dell’Associazione allevatori ovini di razza delle Langhe e del Consorzio di tutela del formaggio “Murazzano”. «La pecora delle Langhe ha molta storia, ma un presente difficile. Prima della guerra c’erano 40 mila capi, oggi sono poco più di mille. Questa situazione crea problemi sia sul piano genetico che nella produzione di formaggio. Oggi nel Consorzio di tutela del “Murazzano Dop” sono rimasti appena quattro soci, ma capisco le ragioni di chi ne è uscito. C’è troppa burocrazia: oggi produciamo più carta che formaggio. Nel 2011 sono stati prodotti 120 quintali di “Murazzano Dop”, una quantità che un caseificio di pianura produce in un giorno», ha affermato Adami che, per quanto riguarda l’agnello delle Langhe, ha aggiunto: «È necessario creare interesse. Il nostro agnello è di alta qualità, ma molti non sanno neppure che esiste». E in questo caso la concorrenza è tanto forte quanto sono piccoli i numeri. Prima di Pasqua, da Spagna e Romania arrivano in Italia Tir carichi di agnelli, su ognuno dei quali ci sono più animali di quanti ne vengono macellati in Langa in un anno. «La situazione è critica e la razza è a rischio di estinzione. Bisogna fare qualcosa per farla conoscere. Se i cuochi stellati della zona parlano dell’agnello sambucano e non di quello delle Langhe c’è qualcosa che non va», ha fatto notare il sindaco di Murazzano Gianni Galli. Secondo il presidente provinciale di Coldiretti Marcello Gatto, per cercare di incrementare il numero di capi ovini si potrebbero sfruttare i terreni inutilizzati. «In questo modo si può rilanciare la produzione dando opportunità di lavoro e tutelando al tempo stesso il paesaggio. Adesso finalmente c’è un progetto: speriamo di portare a casa qualcosa», ha affermato Gatto. Il progetto di tracciabilità è stato illustrato da Mauro Forneris, tecnico di Coldiretti: «Siamo partiti dall’esperienza positiva della patata della Valle Belbo. Il consumatore deve poter risalire a chi ha allevato l’agnello, a dove è stato allevato, a luogo e data di macellazione. La qualità di un prodotto è dovuta al territorio e questo vale sia per la patata che per l’agnello. Per ora c’è una bozza di progetto, ma si deve partire al più presto iniziando a raccogliere i dati in collaborazione con aziende e Apa». Il modello da seguire è quello della razza sambucana, che negli anni ’80 era ridotta a un’ottantina di capi, mentre oggi viaggia tra i 4 e i 5 mila esemplari e trova spazio nei menu degli chef stellati anche se, stando a quanto è emerso nell’incontro di Paroldo, non è raro che nei ristoranti vengano proposti come sambucani proprio gli agnelli “langhetti”. Ma ora, con marchio e tracciabilità, dovrebbe essere più difficile barare.

Corrado Olocco

I NUMERI Nella Granda tra i 1.500 e i 1.600 capi

Secondo i dati dell’Associazione provinciale allevatori di Cuneo, nel 2012 le pecore di razza delle Langhe iscritte al libro genealogico sono tra le 1.500 e le 1.600. Nella Granda gli allevamenti sono una trentina. Un altro, con un centinaio di capi, si trova in Langa astigiana (a Serole), mentre 100-200 pecore delle Langhe sono allevate a Cairo Montenotte, nel savonese, dove ha anche sede il Centro di miglioramento degli ovini. Una buona notizia per l’incremento della presenza di ovini in alta Langa arriva dall’ex Cozoal, di Murazzano, nella quale si stanno allevando al momento circa 250 pecore. Fuori dal Piemonte, la pecora delle Langhe è diffusa in Toscana, nel bolognese, in Puglia, Lazio e Abruzzo.

c.o.

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