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Caritas accanto a 480 famiglie ogni mese

L’INCHIESTA La crisi economica non si misura solo con lo spread, ma anche con il numero di persone che fatica ad arrivare a fine mese o, anche, a fine giornata. Nella sede centrale della Caritas diocesana di Alba, in piazza Monsignor Grassi, è un andirivieni di uomini e donne che vivono la povertà da molto vicino.

«La vita è difficile, sai?», ci dice, mentre siamo seduti in sala d’attesa, quello che chiameremo Ahmed. Ha circa 35 anni e parla un italiano imperfetto ma comprensibile, con la cadenza di chi proviene dal Maghreb. Vive ad Alba da qualche anno ma è già pentito di essere emigrato. «Sono venuto qui perché chi era stato in Italia mi aveva assicurato che avrei trovato un lavoro e una bella casa», spiega Ahmed scuotendo il capo. «Invece, è tutto il contrario». Ahmed, che si ritiene fortunato rispetto ad altri, un lavoro ce l’ha ma non gli basta per mantenere moglie e figlia. Così, ogni tanto, chiede una mano alla Caritas, anche perché vuole fare il possibile per restare sotto le torri albesi, dato che «la mia vita è qui». Nella sua situazione, si trovano altre centinaia di cittadini albesi, stranieri e no.

Preoccupa, sottolinea il direttore della Caritas diocesana don Gigi Alessandria, che le richieste d’aiuto abbiano subìto un’impennata. Numeri alla mano, sono 480 al mese le famiglie in difficoltà (almeno 1.500 persone) che si affidano ai sei Centri di ascolto della Caritas attivi presso le parrocchie albesi. «Rispetto allo scorso anno, le richieste sono aumentate del 30 per cento, segno che anche la terra del tartufo e del Barolo è stata colpita dalla pesante congiuntura economica internazionale », prosegue don Alessandria. «Fino a qualche tempo fa si chiedeva aiuto in maniera saltuaria, oggi invece chi è in difficoltà necessita di assistenza quasi quotidiana».

Le persone che si affidano alle strutture sono per lo più straniere, anche se negli ultimi tempi è in crescita il numero di italiani, che rappresentano circa il 10 per cento. Tra gli italiani, a incontrare maggiori problemi sono quelle persone di mezza età rimaste senza lavoro a pochi anni dalla pensione oppure gli anziani che vivono soli. Di che cosa hanno bisogno le persone che si rivolgono ai Centri di ascolto? Don Alessandria: «Un lavoro, la cui assenza causa una serie di conseguenze negative, come l’impossibilità a pagare le rate dell’affitto o del mutuo oppure le bollette di luce e gas, i medicinali o le spese per il rinnovo del permesso di soggiorno». Purtroppo, c’è anche chi, approfittando di questo contesto drammatico, si finge povero per ottenere soldi o altri aiuti, ma «per fortuna», precisa don Alessandria, «sono pochi, peraltro noti e facilmente smascherabili ». Gli aiuti messi in campo dagli oltre cento volontari albesi dei Centri di ascolto, spesso in collaborazione con i servizi sociali e anche grazie ai proventi dell’8 per mille alla Chiesa cattolica, spaziano dal sostegno psicologico all’assistenza per lo svolgimento di pratiche, passando per il pagamento di bollette e la distribuzione di vestiti e alimenti (provenienti dal Banco alimentare di Poirino), fino ad arrivare alla realizzazione di progetti di sostegno mirato di breve o medio termine. Qualche volta, ma sono pochi casi, vengono anche assegnate piccole somme di denaro.

Conclude il sacerdote: «Qualsiasi tipo di intervento non va visto come una forma di assistenzialismo, ma come un gesto caritatevole finalizzato a fornire la spinta necessaria ad aiutare le persone in difficoltà a superare i problemi. Ogni parrocchia, attraverso il proprio gruppo Caritas, deve cioè educare alla carità e insegnare a vivere una vita all’insegna della sobrietà». È la sfida moderna della Caritas, che non dev’essere lasciata sola.

Enrico Fonte

Centri di ascolto, rete cristiana contro la povertà

Invisibili come le persone che aiutano, gli oltre cento volontari che gestiscono i Centri di ascolto sono il motore dell’attività caritativa albese, fervente fin dagli anni ’70, da quando è stato istituito l’Ufficio Caritas diocesano. La nascita di questa struttura radicata nella Chiesa locale ha dato il “la” a una serie di iniziative solidali. In via Pola, è stato creato il Centro di prima accoglienza, costituito da un dormitorio maschile (con 28 posti, attualmente tutti occupati), da un servizio doccia e da una mensa serale aperta a tutti, che ogni giorno offre un piatto caldo a poco meno di 50 persone. Via Pola è anche la “casa” del Centro volontari assistenza, di Migrantes e di Arcobaleno, associazione che opera a stretto contatto con i carcerati. A Cristo Re, in via Santa Barbara, la parrocchia ha ricavato una decina di mini-alloggi per dare accoglienza, attraverso l’associazione Il Campo, a famiglie in difficoltà e mamme sole. Nella parrocchia di Santa Margherita è attiva l’associazione Marta e Maria, che accoglie e sostiene le donne in cerca di aiuto. Analogo l’impegno dell’associazione Aurora di corso Bra, che si impegna per offrire un’opportunità di riscatto alle ex prostitute. L’Ufficio Caritas della Diocesi ha il compito di gestire tutte le opere caritatevoli, coordinando le iniziative dei Centri di ascolto parrocchiali, delle associazioni di volontariato e delle altre strutture di carità presenti sul territorio. Con questa rete cristiana di aiuti la crisi fa un po’ meno paura.

Cinquanta euro di pura dignità

Le storie (vere) di ordinaria povertà, purtroppo, non si riescono a contare. Si moltiplicano ogni volta che si cambia centro di ascolto. Non sarebbe sufficiente un libro per annotarle tutte, per descrivere quel disagio economico, ai confini della povertà, che vivono, da “invisibili”, centinaia di albesi. C’è un episodio, però, che ci ha colpiti, perché dimostra come l’uomo, anche in un’epoca travagliata, sia in grado di affrontare i problemi con estrema dignità, senza perdere di vista il rispetto e la riconoscenza. La storia che raccontiamo arriva dal centro di Alba e ha per protagonista una famiglia di origine marocchina. Il nucleo familiare è composto da quattro persone: marito, moglie e due figli, ma solo il marito lavora (come muratore, peraltro saltuariamente). Le spese di ogni giorno diventano un ostacolo quasi insormontabile. La famiglia originaria del Marocco decide così di rivolgersi al centro di ascolto Betania, chiedendo aiuto per il pagamento dei contributi pensionistici. I volontari, dopo aver preso in esame il caso, anticipano all’Inps la somma di 385 euro. Nulla di particolarmente strano, se non che la famiglia marocchina decide di rimborsare l’anticipo effettuato dal centro di ascolto e, da ormai 5 mesi, versa alla Caritas una quota mensile di 50 euro. Un gesto unico nella sua semplicità.

Io povera, per aiutare mio figlio

La crisi non risparmia nessuno, nemmeno gli anziani, come spiega bene Giusi Promio, responsabile del Centro di ascolto Caritas interparrocchiale Divin Maestro-San Cassiano: «Da qualche tempo ci chiedono sostegno anche alcune donne anziane che hanno speso i loro risparmi per aiutare i figli a pagare il mutuo o l’affitto oppure che, non avendo figli o altri parenti stretti, non riescono a coprire tutte le spese con la loro esigua pensione». Sono vicende che si aggiungono a una situazione economica in forte peggioramento. Spiega ancora Promio: «Con l’espansione della città e la crescita del numero di immigrati, è aumentata la richiesta di assistenza, anche perché, allo stesso tempo, sono diminuite le opportunità lavorative. L’assenza di occupazione sicura genera inquietudine e umiliazione, abbrutisce la persona, produce disagio, soprattutto per le famiglie che si vedono impossibilitate a inserire i figli nella società e in una vita piena. Nei tanti giovani che incontriamo troviamo troppa rassegnazione e sfiducia verso un futuro che fa paura». È proprio la disoccupazione alla base di una storia di ordinaria povertà albese. Racconta Giusi: «Una famiglia che seguiamo vive una situazione davvero difficile, visto che sia il marito che la moglie sono senza lavoro e, per loro, è impossibile pagare qualsiasi tipo di spesa. Faticano addirittura a comprare il pane. In forte difficoltà ci sono anche donne separate con figli e famiglie sfrattate». Nonostante la gravità di queste situazioni, il Centro di ascolto ha deciso di non distribuire somme di denaro, ma di avviare (con la collaborazione dei servizi sociali, con i contributi dell’8 per mille alla Chiesa cattolica e con quelli raccolti in parrocchia tramite il fondo di solidarietà) alcuni mini-progetti, fornendo aiuti mirati (borse alimentari, pagamento di bollette, ecc.) solo a favore di chi effettivamente ha problemi economici. «Crediamo che l’aiuto più importante da fornire alle persone sia quello di accompagnarle a responsabilizzarsi secondo le proprie capacità, non sostituendosi loro, ma sostenendole nel fare. Quando noi volontari non riusciamo a dare sostegno, indirizziamo queste persone agli uffici assistenziali della città », rimarca Promio. «La carità dev’essere vissuta con l’umiltà dell’ascolto, perché, come scrive sant’Agostino, “la carità deve farsi segno e trasparenza dell’amore di Dio. Gesù dice che vi amiate gli uni e gli altri, come io vi ho amati”».

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