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Alessandro Baricco «Ecco perché Fenoglio era un genio»

Èsaggista, critico musicale, conduttore televisivo, pianista, sceneggiatore, regista. Soprattutto, è uno degli scrittori italiani più letti del momento. Il 20 aprile Alessandro Baricco ha discusso ad Alba di letteratura, metodi narrativi, biografie. Di Beppe Fenoglio e del suo irripetibile talento artistico, della sua capacità di narrare interi personaggi utilizzando un solo dettaglio. Sotto due immagini dello scrittore albese di Paolo Galetto nell’abside della chiesa di San Domenico, Baricco ha raccontato una storia fatta di insospettabili trucchi del mestiere, ossessioni stilistiche e tratti caratteriali che distinguono la normalità dalla genialità.

Lo stile narrativo di Fenoglio appare profondamente diverso dal suo: eppure, lo scrittore albese è uno dei suoi preferiti. Cosa vede nei testi fenogliani?

«Un misto di dolcezza e durezza, caratteristiche tutte piemontesi. Ogni geografia – pensiamo ai romani, ai napoletani, ai romagnoli – ha (e sa raccontare) una sommatoria di tratti distintivi, un’identità e delle linee comuni, ricorrenti. I piemontesi trovano la loro perfetta descrizione tra le righe dei testi fenogliani. Il linguaggio di questi libri è caratterizzato da un amalgama di italiano, inglese e dialetto. Per qualsiasi altro scrittore risulterebbe impossibile coniugare i tre idiomi, il tentativo di imitazione finirebbe in pasticcio. Fenoglio inventò invece una lingua propria, perfettamente funzionante».

Lo stile narrativo di Fenoglio non segue linee ortodosse…

«Amava sgangherare le frasi, utilizzare tecniche cinematografiche per esprimere concetti in maniera inimitabile. Ad esempio l’incipit della Malora: «Pioveva su tutte le Langhe, lassù a San Benedetto mio padre si pigliava la sua prima acqua sottoterra». Manca una congiunzione, la struttura è distorta, l’80 per cento dei lettori non capirebbe il significato con immediatezza. Nei testi dello scrittore albese la consecutio temporum è sacrificata, le regole scolastiche non contano, viene utilizzato con insistenza il participio presente, raro e difficile da padroneggiare. Eppure, Fenoglio è capace di produrre immagini che restituiscono al lettore un “piacere fisico”. È questo che provo nel leggerlo. Un piacere fisico».

Come si sente nel paragone con Fenoglio?

«Uno scrittore che si approccia all’opera di un altro scrittore è come un falegname che entra in un’altra falegnameria per spiarne il lavoro. All’inizio è sospettoso, circospetto. Poi comincia ad apprezzare la fattura di questo o quel materiale, a prendere spunti. È un mestiere artigiano, scrivere. Per quanto riguarda Fenoglio, spesso ho provato ad apprendere quella sua inimitabile capacità di eludere le regole e di rendere la narrazione così efficace, di raccontare storie intere in una o due righe e grazie all’uso di un dettaglio».

Crede che, in questo clima difficile dal punto di vista culturale ed economico, le abilità artistiche possano ancora nascere ed emergere?

«Credo che oggi sia più facile fare lo scrittore che il banchiere. Per i giovani ci sono infinite possibilità di autorealizzazione, di sprigionare il proprio talento. È necessario molto lavoro e coraggio, ma quella che tutti chiamano crisi racchiude, in verità, grandissime opportunità».

Matteo Viberti

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