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La nuova geografia dei seminari

Da 10 anni a questa parte la quasi totalità dei Seminari del Piemonte ha vissuto una trasformazione in alcuni casi radicale. Se fino alle porte del 2000 ogni Diocesi aveva il proprio Seminario diocesano, giusto da quella data cominciarono a maturare le prime riflessioni che portarono a una serie di collaborazioni tra Diocesi e Seminari. Ad esempio, da settembre del 2007, i seminaristi di Aosta vivono durante la settimana insieme ai seminaristi di Ivrea, frequentando insieme i corsi di teologia nel Seminario di Torino e, sempre dal 2007, i seminaristi di Biella e di Vercelli vivono nel Seminario di Novara, che ha invece la scuola interna. A partire da quest’anno poi Susa si appoggerà, nella stessa forma, a Torino.

Altre collaborazioni si presentano come veri e propri interventi di ripensamento che, nella regione ecclesiastica piemontese, hanno portato alla creazione di due Seminari interdiocesani: nel settembre del 2002 sorse quello di Fossano (composto da seminaristi provenienti dalle Diocesi di Alba, Cuneo, Fossano,Mondovì e Saluzzo; Pinerolo ha sempre chiesto un appoggio per i suoi seminaristi diocesani); nel settembre del 2007 quello di Valmadonna (Diocesi di Acqui Terme, Alessandria, Asti, Casale Monferrato, Tortona). Si tratta di poli formativi completi: Seminario e scuola teologica si trovano negli stessi locali. L’équipe educativa è scelta tra il clero delle Diocesi interessate, e alle normali figure formative (rettore, vicerettore, padre spirituale, economo) si è aggiunta quella del referente, un presbitero che in ogni singola Chiesa locale fa da collegamento tra questa e il Seminario, accompagnando il seminarista soprattutto nella sua permanenza in Diocesi.

A chi pensa a questi Seminari come a una invenzione recente, risponde il Concilio Vaticano II che, già 50 anni fa, delineava tale ipotesi: «Là dove le singole Diocesi non sono in grado di avere un proprio Seminario, si erigano e si favoriscano Seminari interdiocesani, o regionali, o nazionali, in modo da provvedere più efficacemente a una seria formazione degli alunni, la quale in questo campo è da considerarsi come norma suprema» (Optatam totius, 7).

Solo una lettura superficiale induce a pensare che l’origine dei Seminari interdiocesani sia esclusivamente l’accentuata diminuzione del numero dei seminaristi. Il motivo principale va invece rintracciato nel provvedere più efficacemente a una seria formazione. Basti pensare che in entrambi i casi piemontesi, quando si iniziò l’esperienza interdiocesana, il numero dei seminaristi in ogni Seminario diocesano era ancora discreto. Se si optò per questa esperienza con una riflessione preparatoria, senza attenderne la necessità inevitabile, fu per l’ovvia validità che questa forma porta in sé: la possibilità di formatori a tempo pieno, la maggior interazione tra la formazione intellettuale e quella umana, spirituale e pastorale e, soprattutto, la ricchezza delle dinamiche umane e comunitarie; queste ultime, oltre alla loro connaturale ricchezza, rendono già presente il futuro al quale le Diocesi sono chiamate uscendo dall’isolamento e creando sempre di più una rete di corresponsabilità e collaborazione per un territorio più vasto.

tabella seminaristi

È chiaro che i Seminari interdiocesani sono delle realtà giovani, rimangono ancora un laboratorio ai quali le Chiese diocesane, con i loro responsabili, sono chiamate a mettere mano non solo per dare loro un’autentica forma innovativa ma anche per renderli capaci di interagire con il territorio, di aprirsi e dialogare con il mondo circostante e di confrontarsi realisticamente con le esigenze che vengono richieste oggi al ministero ordinato.

Don Filippo Torterolo, vicerettore del Seminario interdiocesano di Fossano

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