Je suis Charlie Hebdo è giusto?

don rizzolo antonio_qEgregio direttore, dopo una settimana di tormento nel mio cuore è giunta la luce della fede. Dopo gli episodi terroristici di Parigi avevo cercato di dare una spiegazione all’accaduto. Non era facile da fare. La comunicazione stampata e televisiva è stata a senso unico, tutti compatti a denunciare l’attentato terroristico contro il giornale satirico Charlie Hebdo. Forte della fede cristiana che ci insegna ad amare il prossimo tuo come te stesso, mi ero fatto l’idea fin dal primo momento che le vignette satiriche pubblicate erano di pessimo gusto, offensive, stupide e oltraggiose nei confronti della religione musulmana.
A supporto di questa posizione sono giunte le dichiarazioni di papa Francesco che ha detto che la libertà di pensiero e di espressione non significa che si possono insultare e offendere le altre religioni. Pur condannando chi uccide in nome di Dio, ha affermato che se qualcuno mancasse di rispetto alla mamma altrui è normale ricevere un pugno. I terroristi però non usano i pugni ma sono muniti di armi. Per la convivenza serena tra popoli e religioni sarebbe opportuno che i governanti europei si preoccupassero del terrorismo in tutte le sue forme, senza etichettare a priori i criminali terroristi da una parte e gli eroi a difesa della democrazia dall’altra.
Giovanni Di Lorenzo, Alba
L’attentato di Parigi è da condannare in modo assoluto. Non ci sono giustificazioni. Non si deve uccidere, tanto meno in nome di Dio. Tra le vittime del terrorismo islamico, in questo caso, non ci sono state solo alcune persone indifese, ma le stesse religioni monoteistiche, accusate di fomentare l’odio, e in particolare l’islam e i suoi fedeli, considerati in blocco da tanti come nemici dell’umanità e della democrazia. L’estremismo islamico, peraltro, sta facendo tante vittime in altri Paesi del mondo, ad esempio in Nigeria. Anche questo è da condannare con forza. Quanto è avvenuto in Francia, tuttavia, ha impressionato molto perché è apparso come un attacco alla democrazia, alla libertà di pensiero e di satira. Su questo punto farei una distinzione. Un primo piano riguarda ciò che è permesso dalla legge: uno è libero di fare satira, ma io sono libero di querelare se mi sento offeso, o di indignarmi e scrivere o manifestare contro. Insomma, posso fare tutto ciò che mi consente la legge per difendermi. C’è però un altro piano, che tocca la coscienza e l’etica personale e che nessuna legge può o deve imporre: quello del rispetto dell’altro e della sua fede. Come ha detto il Papa, non si può offendere o insultare ciò che un altro crede, toccandolo negli affetti più cari. Questo rispetto reciproco è necessario perché una democrazia funzioni veramente.

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