Lungo il Tanaro la paura non è passata

CORSO DEL TANAROL’INCHIESTA / 1 L’alveo del Tanaro è nelle stesse condizioni del novembre 1994, quando a causa delle forti piogge esondò, creando morte e distruzione. A lanciare l’allarme è il sindaco di Farigliano, Mirco Spinardi, che in occasione del ventennale della tragica calamità che sconvolse il Piemonte ha scritto al viceministro della giustizia, il monregalese Enrico Costa, perché «nonostante le preoccupazioni manifestate in più di un’occasione gli enti preposti non ci hanno fornito risposte esaustive circa gli interventi di ripristino da attuare», come si legge nella lettera.
Parole forti che, unitamente a quelle del Comune di Clavesana, hanno spinto Costa a promuovere l’istituzione di un tavolo di lavoro «che possa portare all’individuazione delle opere di manutenzione più urgenti da realizzare lungo l’asta del Tanaro».
La proposta è stata inoltrata al prefetto di Cuneo, Giovanni Russo, il quale si è detto disponibile a riunire il 2 febbraio i rappresentanti dei Comuni e delle Province interessate e di Regione e Aipo (Agenzia interregionale per il fiume Po), i due enti che hanno maggiori competenze.
«I Comuni che mi hanno segnalato la necessità di eseguire lavori di pulizia nell’alveo e lungo le sponde del Tanaro sono preoccupati perché spesso sono costretti ad assistere al gioco dello “scaricabarile” per quanto concerne le competenze. In diverse occasioni le loro richieste hanno ottenuto risposte burocratiche, inutili per risolvere i problemi. Ora però non si può più indugiare e occorre programmare in maniera puntuale i lavori da eseguire perché in gioco c’è la sicurezza dei cittadini», ha sottoliEnrico Costaneato il viceministro.
A ben guardare nemmeno lo Stato è esente da responsabilità: pressante è infatti la richiesta degli enti locali affinché vengano escluse dai vincoli del Patto di stabilità le spese per il ripristino dei corsi d’acqua e dei versanti collinari.
Che cosa ne pensa Costa? «Il Patto di stabilità penalizza le amministrazioni virtuose che sono impossibilitate a spendere le risorse risparmiate. È normale quindi che ai rappresentanti del Parlamento venga chiesto di escludere dal Patto le somme necessarie a risolvere situazioni urgenti. È un argomento nei confronti del quale il Governo è molto sensibile», ha replicato l’esponente del Nuovo centro-destra.
Enrico Fonte

 

Ad Alba 35 milioni e otto chilometri di argini per il grande fiume

L’INCHIESTA / 2  In Piemonte, dopo l’alluvione del 1994, è stato riorganizzato il sistema di protezione civile e sono stati investiti circa 787 milioni di euro (135 milioni per la provincia di Cuneo) in pulizie, manutenzioni e opere strutturali. Di questi, 487 milioni hanno finanziato, per quanto concerne il bacino del Tanaro, la cassa di espansione del Belbo a Canelli, la vasca di laminazione a Nizza Monferrato, le arginature ad Alba, Asti, Felizzano e Alessandria, oltre al rinforzo del punto di confluenza del Bormida con il Tanaro. A oggi, come ha dichiarato la dirigente Aipo Claudia Chicca in una recente intervista a Gazzetta, «circa 600 km di tratti fluviali piemontesi sono arginati ma rimangano da realizzare opere – dall’importo complessivo di 62 milioni di euro – sulla Dora Riparia (comuni di Susa e Bussoleno) e nei tratti fluviali della pianura cuneese (torrente Maira e Varaita) a monte della città di Torino. Il grado di sicurezza è molto aumentato, ma non si può mai parlare di un’eliminazione totale del rischio».
Ad Alba, per scongiurare esondazioni e smottamenti, gli investimenti hanno superato i 35 milioni di euro, 10,3 milioni dei quali sono serviti per realizzare gli 8 km di argini e la sistemazione dell’alveo del Tanaro. Di recente il capogruppo consiliare di Forza Italia Carlo Bo ha invocato manutenzioni incisive lungo l’asse del fiume, annunciando di voler riunire la commissione che presiede proprio lungo le sponde del fiume che divide in due Alba.

e.f.

Chiamparino: in Piemonte avremo 50 milioni in meno per la sicurezza delle acque

L’INTERVISTA CHIAMPARINO foto Marcato Altro smacco per i sindaci piemontesi che attendevano un aiuto dalla Regione per mettere in sicurezza corsi d’acqua e versanti collinari. L’ente presieduto da Sergio Chiamparino non avrà a disposizione i circa 50 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione che aveva ipotizzato di utilizzare per gli interventi contro il dissesto idrogeologico.
Presidente Chiamparino, di chi è la colpa?
«Il taglio è stato deciso dal Ministero dell’economia, al termine di una ricognizione che ha messo insieme le decurtazioni ai trasferimenti imposte alle Regioni dalle ultime leggi finanziare».
 Non crede che le istituzioni dovrebbero avere più attenzione per le colline piemontesi, riconosciute come patrimonio dell’umanità?
«Le istituzioni pubbliche hanno il compito di creare le condizioni perché i privati si sentano coinvolti e stimolati nel progetto Unesco, che li deve vedere come principali protagonisti. Bisogna lavorare per sfruttare al meglio, con azioni concrete e idee innovative, gli effetti del riconoscimento, da considerare come un punto di partenza. La Regione, dal canto suo, sta mettendo a punto un piano per la valorizzazione delle risorse turistiche».
Quali progetti contro il dissesto la Regione avrebbe finanziato con i 50 milioni tagliati?
«L’urgenza riguarda i territori colpiti dall’ultima alluvione, in particolare l’alessandrino e il Nord del Piemonte, dove ci sono ancora emergenze da risolvere, argini da consolidare e frane da rimuovere. Il nostro è un territorio molto delicato –che registra in media un’alluvione ogni 18 mesi –e cementificato più del dovuto: basti pensare che tra il 1960 e il 2009, a fronte di un aumento della popolazione del 16 per cento, il consumo di suolo è cresciuto del 74 per cento. La Regione sta studiando una nuova legge per la tutela del suolo, che sono sicuro verrà presto approvata, ma rimane l’esigenza di avviare le opere di manutenzione (dal valore di 140 milioni di euro) necessarie a evitare nuovi danni, come liberare gli alvei dei rii e mettere in sicurezza le aree metropolitane, soprattutto le parti che sono state costruite nei bacini di esondazione dei fiumi».
 Come farete senza i 50 milioni?
«Stiamo lavorando per riuscire a utilizzare i fondi rimasti (41,5 milioni di euro, riservati agli interventi urgenti), augurandoci che possano bastare».
Da tempo Alba, come altri centri cuneesi, chiede allo Stato di escludere dal Patto di stabilità i lavori per la messa in sicurezza di corsi d’acqua e colline. Che cosa ne pensa?
«Sono d’accordo. Dopo l’ultima alluvione di novembre ho incontrato sindaci disperati perché, pur avendo i fondi necessari, non avevano potuto fare le opere di manutenzione. Una situazione assurda. Il Governo ha inserito nella legge di stabilità il “patto verticale” che avevamo proposto nella Conferenza delle regioni e che prevede di affidare proprio alle Regioni la facoltà di pareggiare i conti tra i diversi Comuni, creando una sorta di bacino di compensazione fra centri che abbiano l’urgenza di fare interventi utili a salvare vite e beni e quelli che invece non abbiano questa necessità. Speriamo che la norma possa essere applicata anche in Piemonte».  e.f.

Banner Gazzetta d'Alba