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Rischia grosso il bosco “partigiano” di Beppe Fenoglio

Ottomila metri quadri di bosco distrutti in Valle Uzzone

bosco san cassiano

ALBA. Ci sono spazi resi sacri dalla narrazione letteraria ed elevati a simbolo della memoria. Come il bosco di San Cassiano raccontato da Beppe Fenoglio come uno dei luoghi in cui, nel novembre 1944, i partigiani si radunarono per tentare l’ultima difesa della città, al termine dei 23 giorni resi celebri dallo scrittore. Ma l’area è anche una delle tartufaie più prolifiche dell’intera zona, l’ultima scampata alle ville e ai vigneti che circondano la periferia albese. Lo stesso bosco non è solo roccaforte del passato, ma anche punto di concentrazione di decine di piante tartufigene: roveri, acacie e pioppi. Un sito di pubblico interesse in pericolo, dato che il proprietario avrebbe iniziato a disboscare per impiantare un noccioleto.
Immediata la reazione.
La neonata Associazione tartufai di Alba spiega, attraverso la voce del presidente Stelvio Casetta: «Sarebbe un enorme danno d’immagine, e non solo, per il Comune capofila di una terra che ha creato il suo benessere e la sua notorietà nel mondo anche in virtù del tartufo. Rivolgiamo un appello affinché si cerchi di evitare questo ulteriore depauperamento del patrimonio tartufigeno».
L’assessore all’ambiente Massimo Scavino ammette la propria impotenza: «Il Comune di Alba protegge e valorizza le aree di produzione tartufigena. Il regolamento di Polizia rurale ha stabilito che in quelle di proprietà comunale sia vietato l’abbattimento di piante produttrici, l’uso di diserbanti, mezzi pesanti e operazioni di aratura che compromettano la produzione del Tuber magnatum Pico. Ma in questo caso ci troviamo su un terreno privato e il regolamento ammette l’abbattimento di piante, a condizione venga presentato un adeguato piano di reimpianto. Abbiamo contattato il proprietario e stiamo cercando di portarlo a più miti consigli».
Anche Italia nostra, associazione che si batte per la tutela del patrimonio ambientale e paesaggistico albese, insorge: «Dobbiamo mettere in evidenza le motivazioni di carattere culturale e letterario, oltre che di fruizione tartufigena, per opporci a tale operazione, che sarebbe attuata per impiantarvi un noccioleto. Il divieto di abbattimento delle piante produttrici di tartufi (secondo il vigente regolamento di Polizia rurale) non è applicabile nel caso di proprietà private se il proprietario del fondo presenta preventivamente un adeguato piano di reimpianto. Circostanza che – parrebbe –non sia stata ottemperata in questo caso». Ragioni emotive e commerciali s’uniscono in una battaglia collettiva, una questione difficile, però, per mancanza di limiti alla libertà d’azione sulla proprietà privata.

Matteo Viberti

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