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Padre Calvi. «Basta un’occhiata per capire che è un santo»

Padre Calvi. «Basta un’occhiata per capire che è un santo»

VERSO GLI ALTARI Si è conclusa in Brasile l’inchiesta diocesana della causa di canonizzazione del servo di Dio padre Giuseppe Calvi degli Oblati di san Giuseppe Marello nativo di Cortemilia

Scrive il postulatore della causa padre Alberto Antonio Santiago: «Settembre è un riferimento per noi Oblati a motivo dell’impegno che abbiamo assunto di diffondere la figura e l’esempio del nostro confratello, servo di Dio, a 73 anni della sua morte, il 26 di questo mese. La continuazione del processo di canonizzazione, ora nella fase romana, dipenderà in larga misura da ciascuno di noi Oblati, facendolo conoscere al popolo di Dio, affinché per sua intercessione ottenga un miracolo riconosciuto dalla Chiesa».

Di famiglia povera, Giuseppe Calvi nasce a Cortemilia il 1° maggio 1901. I genitori, Giovanni e Maddalena, sono persone di fede vissuta che trasmettono ai figli. L’8 maggio viene battezzato da don Michele Coraglia, promotore di numerose vocazioni sacerdotali. Oltre al buon parroco, Giuseppe ha un sacerdote amico di famiglia, don Giuseppe Vacchetto, che lo aiuta a intessere un intenso rapporto di amore con Gesù. Presto gli cresce dentro il progetto di farsi sacerdote, per donare tutta la sua vita a Gesù e ai fratelli. Una mattina di agosto del 1914, mentre l’Europa è già “in fiamme”, entra nel seminario degli Oblati di san Giuseppe, fondati ad Asti da monsignor Giuseppe Marello. Tra “i carissimi”, come vengono chiamati i più giovani in congregazione, vorrebbe vivere umile e nascosto, ma attira l’attenzione altrui per il suo stile raccolto e devoto di partecipare alla Messa, per le sue lacrime durante la benedizione eucaristica, per i suoi furtivi baci al crocifisso, per il suo cercare esempio nella vita dei santi.

Il 1° ottobre 1919, a 18 anni, emette i voti religiosi. È già fragile di salute e i superiori, prima di avviarlo agli studi teologici, lo mandano a Roma come sacrestano nella chiesa di San Lorenzo in Fonte. Uno dei suoi compagni, Enrico Giovetto, scriverà: «Sono stato con lui negli anni di studio e sono convinto di essere stato con un santo». Padre Cortona, superiore generale del tempo, è solito dire ai seminaristi, compagni di Giuseppe: «Guardate il vostro confratello Calvi, non ha salute ed è piuttosto fragile, ma con la sua dedizione riesce a fare tutto… Basta un’occhiata per capire che è un santo».

Il 29 maggio 1926, è ordinato da Luigi Spandre, vescovo di Asti. Per la sua prima Messa così prega: «O Gesù, vittima e sacerdote, preservami in tutta la mia vita sacerdotale dal peccato mortale, dal peccato veniale deliberato, dalla tiepidezza nella celebrazione della Messa: se no, prendimi con te. Gesù, dammi la grazia di nascondere nel tuo cuore i miei confratelli, i parenti e tutte le anime, per amarle e ritrovarle sempre in te, degne di ogni mia cura… Dammi di volere sempre ciò che tu vuoi da me, che io cerchi solo te, vero, unico, amabile, eterno bene, nel quale ci sono tutti i beni».

Missionario in Brasile. Il 27 luglio 1926, celebra la prima Messa a Cortemilia, ma non intende fermarsi in Italia. Il 14 settembre 1926, festa dell’Esaltazione della croce, riceve il crocifisso: è uno dei sette missionari in partenza per il Brasile e per le Filippine. Il 28 settembre, è già a Rio de Janeiro, il 4 ottobre giunge a Curitiba nell’Abrigo de menores, un’istituzione che accoglie ragazzi soli e abbandonati.
Subito disponibile per la predicazione e le confessioni, si dimostra ottima guida spirituale. Studia a fondo il portoghese per comunicare al meglio il Vangelo. Ma dopo un anno a Curitiba, padre Giuseppe non sta bene. Agli inizi di gennaio 1928, è ricoverato al sanatorio di San Sebastiano a Lapa. La diagnosi è chiara: tubercolosi. Lui lo sa e comincia a offrire le sue sofferenze: desidera rassomigliare a Gesù, immolarsi per i sacerdoti, i missionari e le anime.

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Lascia il sanatorio il 22 aprile 1929 ed è inviato a Paranaguá, dove gli Oblati reggono la parrocchia dedicata alla Madonna del Rosario e il santuario di Nostra Signora della rugiada. Deve solo presidiare la chiesa con la sua presenza. Per lui è una grandissima gioia potersi dedicare alla preghiera davanti al tabernacolo, alle confessioni, alla direzione spirituale; il suo confessionale è assediato: tutti vogliono confessarsi dal santo.

Apostolo tra i malati. Nel dicembre del 1935, ha una ricaduta. Si era trascurato, era andato anche a fare il catechismo ai ragazzi nelle case sparse per la campagna. Commenta: «Il Signore, vedendo che è inutile la mia vita, se non peggio, mi chiama a sé, e dà a uno più fedele di me l’onore della sua missione. Gli offro i dolori e la vita ancor giovane in spirito di penitenza». Ai familiari che a Cortemilia si danno da fare affinché rientri in Italia per curarsi, scrive: «Se tu (si rivolge alla sorella Valentina) avessi fede e il desiderio che Gesù sia conosciuto e amato, mi avresti incoraggiato a rimanere qui. Sappi che il Signore ha promesso che chi lascerà casa e parenti per amor suo, salverà tante anime e avrà tante grazie».

Grazie a lui, la vita cristiana in sanatorio rifiorisce: fonda l’associazione dell’Apostolato della sofferenza, e pubblica un foglietto mensile per diffondere lo spirito e lo stile dell’offerta di vita e dolori con Gesù. Non si contano le conversioni che avvengono grazie alla sua parola e all’offerta della sua esistenza: spiritisti, protestanti di diverse denominazioni, atei incalliti, a contatto con lui ritrovano la giusta via, l’unica via che salva: la conversione a Gesù nella Chiesa cattolica.

Il 26 settembre 1943, tenendo il crocifisso tra le mani, al quale ha dato i suoi baci sino alla fine, alle 14.30, padre Giuseppe Calvi va incontro a Dio, a 42 anni di età. Nel sanatorio di Lapa e tra quelli che l’hanno conosciuto, si diffonde la voce: «È morto padre Giuseppe, il santo!». La sua fama di santità, già così viva durante la sua esistenza, è andata crescendo: il 9 novembre 2007, monsignor José Vitti, arcivescovo di Curitiba, ha aperto la sua causa di beatificazione. Una vita, come “oblatio munda” con Gesù.

Paolo Risso

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