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Progetto Retrace: come l’industria piemontese può aiutare l’economia circolare

Progetto Retrace: come l’industria piemontese può aiutare l’economia circolare

PIEMONTE Recupero dei veicoli usati, riutilizzo dei materiali da costruzione e demolizione, produzione di ingredienti funzionali e recupero degli scarti di riso, vino e allevamento per biomasse e biopolimeri. Sono queste alcune delle filiere industriali piemontesi con le maggiori potenzialità per la promozione e lo sviluppo del modello dell’economia circolare.

È quanto emerge dal Rapporto di analisi del primo anno di attività di Retrace, il progetto europeo che sostiene l’economia circolare come fattore di innovazione e competitività. L’indagine, realizzata dai partner italiani del progetto, tra cui la Regione Piemonte e il Politecnico di Torino (che del progetto è coordinatore), è stata condotta in collaborazione con enti, associazioni, istituzioni ed aziende del territorio coinvolti attivamente nel progetto: dai Poli di innovazione regionali, agli incubatori universitari, dal sistema camerale ad associazioni ed organizzazioni per il recupero e la valorizzazione dei rifiuti. Il prossimo passo sarà la definizione delle linee guida per attuare nuove misure in grado di sviluppare l’economia circolare a partire da iniziative già in cantiere, come la prossima Piattaforma tecnologica/innovativa sulla Bioeconomia, e dai  fondi Por Fesr per la ricerca e sviluppo della prossima programmazione 2021-2027.

Interessanti potenzialità

L’analisi condotta ha fatto emergere un quadro di interessanti potenzialità relativamente alle competenze, alle tecnologie e alle risorse disponibili. Considerazioni importanti sono emerse in merito alle prospettive di alcuni settori e sottosettori produttivi, particolarmente rilevanti per l’economia piemontese. Dal modello produttivo lineare, Retrace sostiene  il passaggio ad un modello industriale sistemico dove gli scarti diventano risorse, con il coinvolgimento armonico di tutti i soggetti istituzionali, del mondo produttivo e della ricerca e con la costruzione di reti di relazioni territoriali.

Alcuni esempi concreti: nel settore automotive, in Piemonte, circa  l’85 % dei veicoli usati viene attualmente recuperato grazie all’opera di oltre 150 impianti di trattamento attivi sul territorio regionale, mentre nell’edilizia, i materiali da costruzione e demolizione (non pericolosi) sono recuperati per circa il 90% in oltre 600 impianti di trattamento operativi localmente. Nell’ambito della bioeconomia, la scommessa sarà mettere in rete le varie realtà già operative  in questo campo per creare nuove catene di valore e per coinvolgere tutti i soggetti della filiera. In Piemonte si contano oltre 1700 aziende nel settore risicolo e oltre 13 mila nel settore vitivinicolo. Parte degli scarti prodotti trovano già applicazione negli ambiti della nutraceutica, della cosmesi e  delle bioplastiche.  Altre applicazioni riguardano il recupero dei reflui zootecnici per la produzione di biogas e biometano e il recupero degli scarti di macellazione per il pet food. Applicazioni, che, considerando il solo allevamento di bovini,  possono contare su un potenziale di oltre 8mila aziende.

In questi mesi di attività, i partner di progetto hanno anche realizzato 6 delle 7 visite studio previste, svoltesi in Piemonte, Nuova Aquitania, Paesi Baschi, Olanda, Slovenia e Romania, l’ultima si terrà in Scozia a fine settembre, con l’obiettivo di  analizzare sul campo le esperienze più significative e trasferibili a livello regionale.

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