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Piemonte: l’export aumenta del 15% Langa e Roero sul podio con i vini

ECONOMIA  Esportazioni in crescita del 15,3% nel secondo trimestre del 2017, pari a un incremento di 295 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. È il risultato brillante raggiunto dai distretti produttivi piemontesi: si tratta del dato migliore tra le regioni ad alta intensità distrettuale italiane, dove in media è stata registrata una crescita del 4,3%.

A tracciare il quadro dettagliato delle eccellenze piemontesi verso l’estero, tra mercati consolidati e altri in nuova espansione, è stata la direzione studi e ricerche di Intesa San Paolo. Sulla base dei dati elaborati dall’Istat (Istituto nazionale di statistica) emerge un giro d’affari dominato da alcuni settori merceologici, mentre altri confermano la tendenza positiva intrapresa negli ultimi anni e altri ancora devono fare i conti con avversità di diversa natura.

CHI SALE

Analizzando la classifica dei distretti piemontesi in termini di crescita delle esportazioni, non si può non citare quello che ha registrato l’incremento maggiore nel secondo trimestre del 2017: l’oro di Valenza, le cui esportazioni sono a quota 660 milioni di euro, 220 in più rispetto allo stesso periodo del 2016. Se subito dopo troviamo la produzione di rubinetteria e valvolame del Verbano Cusio Ossola, al terzo posto si posizionano i vini di Langhe, Roero e Monferrato: un giro d’affari verso l’estero di 332 milioni di euro nel secondo trimestre del 2017. In percentuale, una crescita attestata dall’Istat che risulta pari al 7,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, quando si erano di poco superati i 300 milioni di euro. Il merito spetta agli oltre 5 milioni di euro in più derivanti dai traffici con il Regno Unito, oltre alla crescita continua verso Stati Uniti, Francia e Russia.

Piemonte: l’export aumenta del 15% Langa e Roero sul podio con i vini

Se si guarda alle province, poi, la crescita maggiore spetta ad Alessandria (+18,9%), ma anche Asti (+6,5%) e Cuneo (+5,5%) se la cavano bene. A qualche posizione di distanza, si classificano i dolci di Alba e Cuneo, con un 4% di crescita delle esportazioni (pari quasi a 170 milioni di euro nel periodo considerato: un risultato merito tanto dei prodotti da forno e dei farinacei (+3%), quanto degli altri prodotti alimentari (+4,2%). In questo settore, i mercati trainanti sono la Francia e la Germania, seguite da Polonia, Israele e Russia.

CHI SCENDE

Se la maggior parte dei settori della regione cresce in termini di esportazioni, non è così per il riso di Vercelli (-1,6%) e per i frigoriferi industriali di Casale Monferrato (-1,5%). Ma al fondo della classifica e unico distretto con un export fortemente in calo, c’è pure quello della nocciola e della frutta del Piemonte (si vedano per questo le interviste della pagina seguente). Paragonato al secondo trimestre del 2016, le esportazioni sono diminuite di oltre il 24%, pari a 11,2 milioni di euro. Se si guarda ai mercati, quello che ha perso maggiormente è la Germania, che ha assorbito 10 milioni di euro in meno rispetto allo scorso anno, così come è stata registrata una diminuzione dei traffici verso l’Arabia Saudita, la Polonia e gli Emirati Arabi.

Francesca Pinaffo

Solo i noccioleti sono in difficoltà a causa della cimice e del clima avverso

L’80% DEL NOSTRO BAROLO SI VENDE E SI BEVE ALL’ESTERO

Il quadro delle esportazioni dei vini di Langhe, Roero e Monferrato corrisponde a quanto attestato dall’Istat (si vedano anche gli altri articoli di queste pagine)?

Lo abbiamo chiesto ad Andrea Ferrero, direttore del Consorzio di tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani.

Ecco che cosa ci ha detto: «Se parliamo della produzione vitivinicola della nostra area, è molto difficile elaborare proiezioni dettagliate. In generale, possiamo confermare quanto attestato dal report. Sul fronte esportazioni, a prestarsi maggiormente sono il vino Barolo e il Barbaresco, più blasonati e in generale più conosciuti. Non a caso gli acquirenti sono soprattutto stranieri: circa l’80 per cento della commercializzazione del Barolo è verso l’estero, mentre per il Barbaresco le esportazioni si aggirano sul 75% delle vendite totali». Tra i mercati, al primo posto ci sono gli Stati Uniti, ma anche «la Svizzera e la Scandinavia, da sempre grandi estimatori dei nostri rossi».

Prosegue Ferrero: «La Germania continua a essere un mercato interessante, anche se non è cresciuto molto negli ultimi anni.  Esistono anche Paesi dove non si registrano grandi numeri in termini di esportazioni, ma che con il tempo si sono consolidati: su tutti un ruolo importante riveste il Canada».

iscorso a parte merita l’Oriente: «Il Barolo e il Barbaresco riscuotono molto successo in Asia, in particolare in Giappone. Sono mercati relativamente nuovi, sui quali ci stiamo affacciando passo dopo passo. Se guardiamo ai risultati, pur rimanendo al di sotto della soglia dell’1%, le nostre esportazioni verso questi Paesi si sono raddoppiate negli ultimi anni».

E se i due vini più noti del territorio riscuotono successo all’estero, non sono certo gli unici: «Sulla scia dei due rossi per eccellenza, anche Barbera e Nebbiolo si prestano all’esportazione. Al contrario, il Dolcetto è un tipo di vino che viene commercializzato a livello nazionale, verso le altre aree del Piemonte, la Liguria e la Valle d’Aosta», spiega il direttore del consorzio, che conclude: «Possiamo dire che le esportazioni sono cresciute in modo notevole negli ultimi trent’anni. Di certo il merito va anche alla crescita del territorio, che si è fatto apprezzare all’estero per le sue qualità, fino al riconoscimento Unesco».

f.p.

L’ANNATA DA DIMENTICARE DELLA NOCCIOLA PIEMONTE IGP

È stata un’annata negativa per la nocciola Piemonte Igp e a dirlo non sono soltanto i dati certificati dall’Istat.

Per parlare della commercializzazione e dell’esportazione di uno dei prodotti meglio rappresentativi dell’alta Langa (ma oggi non solo), abbiamo interpellato Pier Giorgio Mollea, imprenditore dell’azienda Marchisio nocciole di Cortemilia: «Nell’ultimo periodo le esportazioni si sono ridotte in modo massiccio e la causa va ricercata esclusivamente nella carenza del prodotto. Se lo scorso anno la stagione aveva fruttato alla nostra area circa trentamila tonnellate di nocciole in guscio, quest’anno al massimo ne avremo novemila: una riduzione del prodotto di quasi il 70% rappresenta un quadro davvero molto penalizzante per l’intera filiera, dall’agricoltore al commerciante».

Le cause sono di due tipi, entrambe però di natura ambientale: «Il clima ha giocato la sua parte, dapprima con le forti gelate primaverili e poi con la siccità degli ultimi mesi. Da non dimenticare, poi, i danni enormi causati dalla cimice asiatica, che ha reso inutilizzabile una percentuale elevata di prodotto», aggiunge Mollea. Con questi presupposti, le conseguenze si sono fatte sentire anche sul fronte delle esportazioni: «A oggi il commercio con l’estero si è ridotto in modo significativo e sono cambiate le dinamiche rispetto alle buone annate precedenti. Se fino al 2016 la nocciola Piemonte Igp aveva intrapreso un percorso di espansione verso nuovi mercati, l’attuale carenza ci ha portati a prediligere i clienti più fidelizzati, quelli che hanno un legame consolidato con il nostro prodotto. Oltre al mercato interno, che rappresenta la fetta più consistente del nostro commercio di questa stagione, i principali consumatori esteri rimangono la Francia e la Svizzera».

Conclude l’imprenditore: «Per il futuro, se si riuscirà a trovare una soluzione per la cimice, il quadro potrà migliorare e raggiungere gli standard produttivi degli anni passati».

f.p.

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