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Mobilitazione ad Alba in difesa di Afrin, la città curda espugnata dalla Turchia in Siria

Mobilitazione ad Alba in difesa di Afrin, la città curda espugnata dalla Turchia in Siria
Soldati della Free Syrian Army, sostenuti dalla Turchia, festeggiano l'occupazione di Afrin, nel nord ovest della Siria. ANSA/AREF TAMMAWI

MANIFESTAZIONE Come Alba, la città curda di Afrin ha poco più di trentamila abitanti. Cambia l’architettura e i prodotti della terra, la cultura e la religione. Ma le due città sono speculari, si richiamano l’un l’altra per grandezza e per demografia. La prima si è mobilitata in favore della seconda mercoledì 21 marzo. In piazza Michele Ferrero un presidio organizzato dal collettivo Mononoke ha distribuito volantini per sensibilizzare la popolazione sul massacro che sta avvenendo ai danni del popolo curdo (difeso dalle milizie curdo-siriane del Ypj e Ypg) e compiuto da Erdogan, presidente turco. Come ha spiegato uno dei manifestanti, «il popolo curdo ha come unica colpa quella di avere idee progressiste, sia dal punto di vista religioso che politico. Erdogan li chiama terroristi ma in verità è lui il terrorista, per interessi personali ha mobilitato aviazione e bombe sui civili. Il conflitto è caratterizzato da una sproporzione incredibile di risorse. È scandaloso, soprattutto il fatto che i giornali occidentali rimangano silenti, implicitamente appoggiando il massacro di un esercito della Nato».

La solidarietà sui social

Sui social media la solidarietà prosegue ininterrotta da giorni. Molti albesi hanno cambiato la propria immagine del profilo Facebook inserendo la dicitura: «Defend Afrin» in segno di supporto alla causa curda. I commenti di denuncia esplodono. Ad esempio quello dell’albese professore di lettere all’Università di Coimbra Gabriele Proglio, autore di numerosi saggi su tematiche geopolitiche e sociali. «L’Europa dei capi di stato sfila compatta contro il terrorismo islamista, al grido del “je suis Charlie”, ma poi appoggia e finanzia Erdogan, i suoi alleati contigui all’Isis, nella guerra ai curdi. Questo perché Erdogan ha il controllo dei flussi migratori e dei confini orientali verso l’Europa». Proglio prosegue rilevando come la situazione di Afrin si intrecci con il piano del razzismo, della xenofobia e dell’islamofobia: «I razzisti di ogni appartenenza politica usano l’immigrazione come vettore populista per chiedere sicurezza e raccogliere consensi sulla paura dell’invasione, del meticciato, del caos, del furto d’identità. Ma poi tacciono su quanto avviene ad Afrin. Cioè quando immigrazione e terrorismo islamista sono una opposta all’altro. Procedendo per questa strada si scoprirà che quel populismo è finalizzato a interessi che non hanno nulla a che vedere con i ceti popolari, in Italia e in Siria, ovunque nel mondo, ma che sono, essi stessi, parti di un discorso neocolonialista, di dominio sulle risorse, di inclusioni differenziali ed esclusioni sistematiche. Sono solo parole, certo, ma la mia solidarietà va al popolo curdo che resiste».

Marco Giuliano

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