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«Anche Alba è a rischio caporalato»

«Anche Alba è a rischio caporalato»

ALBA Il 13 marzo la Regione ha firmato un protocollo d’intesa con alcune realtà del mondo occupazionale e sociale: Inps, Inail, Prefetture, Arcidiocesi di Torino. Obiettivo: prevenire il caporalato, le organizzazioni criminali che sfruttano il lavoro agricolo: il territorio di sperimentazione sarà il Saluzzese.

Lo scorso anno, con una nostra inchiesta, avevamo documentato come i migranti fossero costretti –nonostante l’impegno del Comune e della Regione – ad aspettare talvolta all’aperto un posto in una cascina, in un’azienda. Mancando liste di collocamento, un migrante poteva stare fermo invano l’intera stagione, in condizioni igienico-sanitarie sovente critiche. Oggi parliamo con l’assessore regionale all’agricoltura Giorgio Ferrero.

Qual è l’obiettivo del protocollo, Ferrero?

«Prevenire e contrastare l’intermediazione illegale di manodopera nel settore agricolo garantendo, grazie alla collaborazione tra i firmatari, l’applicazione dei contratti di lavoro, il rispetto dei princìpi di sicurezza e legalità, la diffusione di buone pratiche volte a difendere e valorizzare la filiera agroalimentare italiana, contrastando pratiche commerciali scorrette e ogni forma di sfruttamento della manodopera; si punta inoltre a promuovere iniziative per garantire l’ospitalità degli stagionali in condizioni dignitose».

Uno dei territori a cui il protocollo si rivolge è il Saluzzese, dove molti migranti durante la raccolta della frutta si radunano in cerca di lavoro. Le condizioni di vita sono critiche. È così?

«Nel Saluzzese il protocollo prevede l’attivazione di uno sportello dedicato al collocamento pubblico in agricoltura, con l’obiettivo di conoscere e definire il fabbisogno di manodopera, snellire le procedure legate ai contratti di lavoro, prevenire fenomeni d’irregolarità. L’agenzia Piemonte lavoro s’impegna a predisporre nei centri per l’impiego elenchi di persone disponibili al lavoro stagionale nel periodo maggio-novembre e a incrociarli con i fabbisogni occupazionali delle aziende o cooperative, favorendo quindi l’incontro tra domanda e offerta regolare. Questa sperimentazione potrà essere estesa, se funzionante, anche ad altri territori».

A proposito di geografie limitrofe, qual è la fotografia del caporalato ad Alba?

«Il comparto vitivinicolo, qui come in altre aree del Piemonte, è una fonte importante di ricchezza e di posti di lavoro. Non esistono particolari fenomeni di caporalato, ma non possiamo negare il sussistere di un rischio. Non vorremmo che nel mondo agricolo di qualità delle Langhe si infiltrassero meccanismi illegali o personaggi che intendono sfruttare la manodopera. La vulnerabilità si legge nel fatto che il 90 per cento circa dei lavoratori stagionali nel contesto Albese è composto da migranti. Si tratta sovente di soggetti fragili e facilmente sfruttabili. Immaginate le ripercussioni sul settore vitivinicolo (a livello regionale si tratta di un comparto in grado di produrre un miliardo di valore in export) se il caporalato dovesse comparire in maniera significativa».

Che cosa possono fare gli imprenditori?

«Esistono aiuti. La legge regionale dal 2016 ha stanziato risorse per creare centri di accoglienza, ad esempio nel Saluzzese. Grazie ai finanziamenti europei abbiamo poi incentivato gli imprenditori che assumono braccianti, facilitando la messa a disposizione di strutture».

Valerio Giuliano

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