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Il Comune di Alba risarcisce Cooperativa dei lavoratori

La Cooperativa dei lavoratori ricorre al Tar contro la delibera del Comune

ALBA Sono stati versati martedì 30 aprile nelle casse della Cooperativa dei lavoratori i 290mila euro pagati dalla stessa al Comune di Alba nel 2017 e non dovuti, secondo le sentenze di Tar Piemonte e Consiglio di Stato. Tutto parte dal 1985, quando nello studio del notaio Vincenzo Toppino viene firmata la convenzione tra Comune e Cooperativa dei lavoratori che prevede il diritto di superficie, per 99 anni, di un’area di 1.300 metri quadrati in corso Langhe, per la realizzazione di un edificio commerciale. L’area viene inclusa nel piano per l’edilizia economico-popolare.
Tutto sembra funzionare per 30 anni, fino al 10 luglio 2015, quando la Cooperativa dei lavoratori, in crisi e prossima alla chiusura, chiede al Comune di poter cedere il diritto di superficie dell’immobile a un’altra società: la Presto fresco, che nel 2014 ha acquistato 10 punti vendita della cooperativa (quattro ad Alba, tre nella Valle Bormida, due nell’Alessandrino e uno nelle Langhe), con il trasferimento di un numero complessivo di 128 dipendenti.
Il Municipio acconsente chiedendo però il pagamento del 20 per cento sul prezzo di vendita di quasi 1,5 milioni, per cedere la piena proprietà, quantificando quindi in 290mila euro la plusvalenza creatasi dalla valorizzazione dell’area e per il recesso anticipato dall’accordo, richiamando due articoli della convenzione.
I vertici della cooperativa storcono il naso, ma versano i soldi nelle casse di Piazza Duomo per evitare di far saltare la cessione e perdere quindi 1,5 milioni di euro. Immediatamente presentano ricorso al Tar Piemonte, che accoglie la richiesta della Cooperativa dei lavoratori, condannando il Comune a rifonderla. Il Comune di Alba si appella allora al Consiglio di Stato, che respinge il ricorso del Municipio e impone la restituzione dei soldi.
Una decisione dolorosa solo all’apparenza, perché poco incisiva sulle casse comunali. Il Municipio albese ha restituito i 290mila euro incassati, più 2mila euro di interessi e 5.434 euro di spese “di lite”, spendendo sostanzialmente meno di 7.500 euro.
Ricadute storiche, quindi, più che economiche, perché per ritrovare l’annullamento di una delibera del Consiglio da parte di Tar e Consiglio di Stato bisogna risalire agli anni Novanta, quando venne impedita la costruzione del cinema multisala di corso Asti.
Marcello Pasquero

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