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Flavescenza dorata, difesa a due vie

Flavescenza dorata, difesa a due vie 2

ANALISI L’annata viticola è stata caratterizzata da notevoli manifestazioni della tristemente assai nota flavescenza dorata della vite. La sua comparsa significativa nell’Albese risale a circa vent’anni fa; nel Nord-est dell’Italia fu evidenziata fin dagli anni Ottanta.

È una malattia epidemica, difficile da combattere e con un’elevata capacità invasiva. L’agente responsabile è un fitoplasma, microrganismo simile a un batterio, sebbene privo della parete cellulare. La sua diffusione avviene nei vasi floematici, quelli preposti per il trasporto degli elaborati dalle foglie verso gli organi di accumulo. Con il decorso della malattia, il sistema vascolare è progressivamente ostruito. In esso sono veicolate varie sostanze: gli zuccheri, che si trasformano a loro volta formando la parte legnosa della pianta e gli accumuli, riserve per il germogliamento dell’annata successiva; specifici ormoni stagionali, grazie ai quali la pianta evolve e completa il suo ciclo fenologico.

Gli squilibri fisiologici portati dalla malattia sono notevoli, con possibili manifestazioni sia sullo sviluppo dei germogli dell’anno, sia con eventuali conseguenze progressive nelle annate seguenti. L’entità e i tempi con cui le manifestazioni si evolvono sono oggetto di studio, senza che vi siano ancora conoscenze complete e sicure.

La trasmissione del fitoplasma e la sua diffusione nel vigneto avviene principalmente a opera di un insetto fitomizo, lo scaphoideus titanus. Compie una sola generazione all’anno, sverna come uovo sotto il ritidoma (corteccia morta) dei tralci più vecchi; in primavera, verso metà maggio, avviene la schiusa e la comparsa dei giovani che si protrae a scalare anche all’inizio dell’estate. Con altrettanta progressione compaiono gli adulti, capaci di volare, che, oltre continuare l’attività di nutrizione, diffondono la malattia su maggiore estensione. In alcuni casi, i sintomi sono notevoli e compaiono in breve tempo, coinvolgendo l’intero apparato vegetativo della pianta. In altre circostanze, l’intensificarsi dei segni è progressivo, avviandosi con alterazioni iniziali che, nell’arco dell’anno, possono rimanere contenute. Un’ipotesi per spiegare la varietà di casi potrebbe essere la differente velocità di moltiplicazione delle cellule del patogeno a seconda delle condizioni del vitigno, del decorso fenologico e dell’andamento climatico.

Il quadro dei sintomi per il riconoscimento della malattia si compone di alterazioni presenti già al risveglio vegetativo, forse all’inizio non sempre ben definite, che tuttavia si arricchiscono di nuovi segni con l’avanzare della stagione: un esempio è il disseccamento dei grappolini fiorali prima dell’allegagione. Giungendo nel periodo di piena massa vegetativa, al quale corrisponde anche l’innalzamento delle temperature e il fisiologico maggiore passaggio degli elaborati nel sistema vascolare floematico, ai sintomi già manifesti se ne aggiungono ulteriori assai più visibili.

Succede che i sintomi di inizio stagione sovente sfuggano all’osservazione e la flavescenza ha l’opportunità di evolvere la sua epidemia nel vigneto con particolare celerità. In certi vigneti particolarmente predisposti, ogni anno si notano, anche a distanza e in modo evidente, le piante colpite per il cambiamento del colore delle foglie: avviene a primavera avanzata, quando si è già completata una certa massa fogliare.

Quest’anno la manifestazione è avvenuta in modo singolare: per gran parte dello sviluppo erbaceo dei germogli i sintomi sono stati lievi o assenti. Con l’arrivo del caldo la situazione è precipitata, comparendo un gran numero di piante infette un po’ in tutti i vigneti in quantità superiore a quanto si riscontrava in media gli anni scorsi: una situazione estremamente difficile, resa ancor più complessa dall’eterogeneità degli ambienti o microambienti in cui l’insetto può essere più favorito. A completare un quadro di avversità vi è una differente caratterizzazione dei sintomi a seconda delle varietà di vite: la sindrome è comune tra tutte, così le manifestazioni di inizio primavera. Ma, per quanto concerne quelle estive più eclatanti si notano variabili anche di un certo rilievo: si può affermare con sicurezza che la maggiore o minore manifestazione della malattia e mortalità delle piante non è la conseguenza dell’infezione nell’annata, ma che si susseguono sintomi e alterazioni nella fisiologia delle singole viti, le quali possono avere differente decorso anche nell’ambito dello stesso vigneto. Cura e prevenzione costituiscono un tema di pari complessità, comprendendo svariati fattori: ambientali, colturali e di difesa dagli insetti vettori.

Il malato è il vigneto, ma nello stesso tempo anche il territorio. Oggi, pur essendoci conoscenze di rilievo rispetto al passato, non è sempre agevole che le competenze possano essere applicate nel modo più opportuno ed efficace: la flavescenza dorata ha così ancora buon gioco nel causare danni notevoli. La difesa, definita da tutte le norme divulgate, sia per la cura del vigneto sia degli ambienti spontanei circostanti, dev’essere intesa a due vie: vigneto e territorio. La buona collaborazione tra i viticoltori può costituire un presupposto non ancora per debellare la patologia, ma quantomeno contenerne le potenzialità epidemiche.

Edoardo Monticelli

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