Chi mette in gioco la propria vita perché altri abbiano vita

CLAUSTRALI Nel nostro monastero, il giovedì è giorno di preghiera per le vocazioni. Tempo “forte” dedicato a una intercessione particolare, che corrisponde all’invito di Gesù: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe» (Lc 10,2). Nel corso della giornata la preghiera liturgica e personale richiamano questa intenzione.

Al pomeriggio, l’ora di adorazione eucaristica è densa di silenzio: Gesù ci guarda, sembra tacere ma è solo per aiutarci ad ascoltare, educando il cuore a mettere da parte quanto non è essenziale, perché sia reso possibile l’incontro con lui. È l’atteggiamento già raccomandato dal profeta Isaia al popolo di Israele in sofferenza per la lontananza da Dio: «Una voce grida: “Nel deserto preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio” (Is 40,3)». È una voce che grida, che chiama: «La bocca del Signore ha parlato», afferma Isaia e un noto autore moderno scrive: «Certo, la sua parola passa nelle vastità vuote, non nel chiasso di folle di città. Quella voce che chiama, esige spazio di silenzio intorno» (Erri De Luca). Uno spazio di silenzio esterno, ma non solo: potrebbe favorire il sonno e non un incontro vivente con quella Parola che non cessa mai di chiamarci.

Chi mette in gioco la propria vita perché altri abbiano vita 1
Domenicane in preghiera

L’adorazione silenziosa permette questo ascolto del cuore che desidera un colloquio vero, profondo col suo Signore, per accogliere i suoi sentimenti di amore misericordioso, di perdono ricevuto e donato, le sue ispirazioni per un cammino di fedeltà. «Ci è necessario il silenzio per fare la volontà di Dio; ci è necessario il silenzio prolungato per quest’altra disposizione di noi stessi, che enormemente riduciamo o che, per ignoranza, non apprezziamo: il raccoglimento» (Madeleine Delbrel, Indivisibile amore).

Pregare per le vocazioni religiose, sacerdotali, missionarie presenti e future, vuol dire proprio immergersi nell’amore trinitario che genera la nascita di nuove chiamate, mentre rigenera quelle in cammino affinché siano dono per tutta la Chiesa. Nella sua lettera apostolica ai consacrati papa Francesco cita san Paolo VI: «Senza questo segno concreto, la carità che anima l’intera Chiesa rischierebbe di raffreddarsi, il paradosso salvifico del Vangelo di smussarsi, il “sale” della fede di diluirsi in un mondo in fase di secolarizzazione» (Evangelica testificatio, 3).

La preghiera per le vocazioni alla vita religiosa non si esaurisce in un giorno stabilito, in un anno dedicato a questo tema, non è riservata a una categoria di persone, ma riguarda la Chiesa intera, come afferma papa Francesco nella lettera citata: «Mi rivolgo così a tutto il popolo cristiano perché prenda sempre più consapevolezza del dono che è la presenza di tante consacrate e consacrati, eredi di grandi santi che hanno fatto la storia del cristianesimo» (III,2). Allora, tutti uniti, invochiamo questo dono da Dio, Padre buono e provvidente, e sosteniamo con affetto, comprensione e collaborazione quanti accolgono la sua chiamata, consapevoli che «Ogni vocazione alla vita consacrata è nata nella contemplazione, da momenti di intensa comunione e da un profondo rapporto di amicizia con Cristo, dalla bellezza e dalla luce che si è vista splendere sul suo volto» (Ripartire da Cristo, 25). Allargando lo sguardo sul mondo, desiderando che tutti conoscano l’amore misericordioso del Padre, già si chiedeva santa Teresa di Gesù: «Che sarebbe del mondo se non vi fossero i religiosi?» (Libro della vita, 32,11).

«La ricerca del volto di Dio attraversa la storia dell’umanità, da sempre chiamata a un dialogo d’amore con il Creatore»: così scrive papa Francesco citando il n. 19 della Gaudium et spes, all’inizio della sua Costituzione apostolica sulla vita contemplativa femminile Vultum Dei quaerere; questa ricerca accomuna tutti gli uomini di buona volontà, in particolare ogni cristiano e ogni consacrato in forza del Battesimo. Si tratta di continuare a cercare Dio «con gli occhi della fede, in un mondo che ne ignora la presenza» (Vita consecrata n. 68). Se la contemplazione è via aperta a tutti, è un servizio che la Chiesa affida come missione a tutte le contemplative: «innumerevoli donne consacrate, nel corso dei secoli fino ai giorni nostri, hanno orientato e continuano a orientare tutta la loro vita e attività alla contemplazione di Dio, quale segno e profezia della Chiesa vergine, sposa e madre; segno vivo e memoria della fedeltà con cui Dio, attraverso gli eventi della storia, continua a sostenere il suo popolo… L’esperienza di queste sorelle, centrata nel Signore quale primo e unico amore, ha generato copiosi frutti di santità e di missione. Quanta efficacia apostolica si irradia dai monasteri attraverso la preghiera e l’offerta. Quanta gioia e profezia grida al mondo il silenzio dei chiostri!» (Vultum Dei quaerere, 3.5).

Chi mette in gioco la propria vita perché altri abbiano vita

Papa Francesco ci ripete: «Carissime sorelle contemplative, la Chiesa ha bisogno di voi!… Siate fari per i vicini e soprattutto per i lontani… indicateci colui che è via, verità e vita, l’unico Signore che offre pienezza alla nostra esistenza… Tenete viva la profezia della vostra vita donata». E noi rendiamo grazie al Signore che ci rinnova ogni giorno la gioia di lodarlo e di offrirci per la Chiesa e per il mondo.

le monache Domenicane di Alba

L’esortazione di san Giovanni Paolo II

CLAUSTRALI Afferma con forza san Giovanni Paolo II nella sua esortazione apostolica Vita consacrata, al n. 105: «La Chiesa non può assolutamente rinunciare alla vita consacrata, perché essa esprime in modo eloquente la sua intima essenza “sponsale”. In essa trova nuovo slancio e forza l’annuncio del Vangelo a tutto il mondo. C’è bisogno infatti di chi presenti il volto paterno di Dio e il volto materno della Chiesa, di chi metta in gioco la propria vita, perché altri abbiano vita e speranza. Alla Chiesa sono necessarie persone consacrate le quali, prima ancora di impegnarsi a servizio dell’una o dell’altra nobile causa, si lascino trasformare dalla grazia di Dio e si conformino pienamente al Vangelo».

Quelle che intercedono per l’umanità

CLAUSTRALI Nella comunione di fede c’è un confermarsi a vicenda: questa è la Chiesa! E di questa Chiesa facciamo parte: sacerdoti, fedeli laici, religiosi e contemplative. La Chiesa vive dell’Eucaristia e l’Eucaristia edifica la Chiesa.

Immergersi nel mistero d’amore di Dio che si fa uomo e Pane di vita eterna, per rimanere con noi sempre ed essere cibo nel cammino della vita, fa risplendere il senso delle Adoratrici perpetue del Santo  Sacramento nella Chiesa. L’ordine sorse nel 1807 per ispirazione della beata madre Maria Maddalena dell’incarnazione. La comunità delle Adoratrici, ora in Canale d’Alba, sorse nel 1839 a Torino, 180 anni fa, a opera di madre Maria Cherubina della passione, nipote della fondatrice.

Il mondo e la Chiesa, gli uomini e le donne di ogni tempo hanno bisogno di luci che ne illuminino il cammino e ne indichino la meta. Papa Francesco chiede alle contemplative di intercedere per l’umanità, presentando al Signore i suoi timori e speranze, le sue gioie e sofferenze. Chiede loro di rimanere unite a Dio, e ascoltare il grido dei fratelli; essere “scala” attraverso la quale Dio scende per incontrare l’uomo e l’uomo sale per incontrare Dio e contemplare il suo volto nel volto di Cristo.

Le Adoratrici di Canale, come tutte le Adoratrici del mondo, sono chiamate, per particolare vocazione, a considerare e a vivere il mistero eucaristico nella sua totalità. La loro continua presenza ai piedi dell’altare è annuncio della presenza reale di Gesù risorto; nello stesso tempo garantisce che, nella Chiesa, c’è una famiglia religiosa che ha come unico compito adorare, lodare, ringraziare il Signore e portare a Gesù le ansie, le preoccupazioni, le sofferenze, le gioie, le attese di tutti, consegnando a lui l’intera umanità. Le chiese dei monasteri sono aperte: le Adoratrici offrono a tutti la possibilità di fermarsi in adorazione di Gesù solennemente esposto sull’altare, e di unirsi a loro nelle celebrazioni liturgiche.

La gioia di appartenere a Gesù, di rimanere con lui sempre, è gioia di appartenere alla Chiesa, essere in comunione con fratelli e sorelle nella fede che condividono il cammino, sostenere e sentirsi sostenute, confermandosi a vicenda fraternamente, testimoniando la bellezza di aver scoperto un amore più grande che ci precede sempre, ci accompagna, ci attende in una vita di eterna felicità.

Gesù via, verità e vita, offre pienezza alla nostra esistenza, dona vita in abbondanza e ci conduce nell’abbraccio del Padre per l’eternità.

le monache Adoratrici perpetue di Canale

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