Il cantiere dell’Unione europea riparte dal piano per l’ambiente

C’erano una volta la Svezia e il Parlamento europeo 1

Non è stata banale la settimana scorsa per l’Unione europea, nonostante la sua attività sia stata in parte oscurata dalla centralità della vicenda libica, nella quale ha comunque avuto un ruolo non irrilevante.

Un cantiere di lavoro importante è stato aperto a Strasburgo, nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo dove si è segnalata la spinta propulsiva della nuova Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen.

Commissione europea: il nuovo che avanza?
Ursula von der Leyen

Forte del suo potere di iniziativa, la Commissione ha presentato al Parlamento il suo piano verde, il Green deal promesso nel suo programma 2019-2024, mantenendo fede alle ambizioni manifestate fin dal luglio scorso. La lotta all’emergenza climatica sarà la priorità per i prossimi anni e dovrà mobilitare politiche e risorse finanziarie inedite nella storia dell’Ue e avvalersi di nuovi strumenti giuridici e gestionali per realizzarne gli obiettivi. A cominciare da quello di riferimento finale: emissioni zero in Europa alla scadenza del 2050, con un’accelerazione sul processo di riduzione già di qui al 2030.

Per riuscirci sono indispensabili enormi risorse finanziarie e attente politiche di accompagnamento per un’Europa chiamata a cambiare radicalmente il proprio profilo industriale e non solo. Una prima indicazione parla di mille miliardi di euro da mobilitare nei prossimi dieci anni, un 25% almeno ricavato dal bilancio comunitario e gli altri reperiti con strumenti diversi – grazie in particolare alla Banca europea per gli investimenti (Bei) – in grado di attirare investimenti privati.

Di questa dotazione, 100 miliardi saranno destinati a un fondo per una “transizione giusta”, che sostenga regioni e settori industriali che si dovranno radicalmente ristrutturare per uscire dall’energia fossile, come nel caso in particolare della Polonia, ma anche per l’Ilva in Italia.

La proposta della Commissione, sulla quale deciderà il Consiglio dei ministri dove siedono i governi nazionali, è stata subito accolta con favore e a larga maggioranza dal Parlamento europeo che ne ha anche chiesto il rafforzamento nel corso dei negoziati futuri.

Ma il Parlamento europeo non si è limitato a questo. Ha adottato altre importanti risoluzioni, in particolare in vista della convocazione di una “Conferenza sul futuro dell’Europa” con l’obiettivo di ripensare e aggiornare il progetto europeo in un dialogo strutturato tra le Istituzioni comunitarie e nazionali e la società civile europea, con un’attenzione particolare alla voce dei giovani. La Conferenza verrà lanciata il 9 maggio, a settant’anni esatti dalla Dichiarazione Schuman, verrà avviata nel secondo semestre dell’anno sotto la presidenza Ue di turno della Germania e si concluderà al termine della Presidenza francese nel primo semestre 2022. L’iniziativa del Parlamento ha avuto un ampio sostegno delle forze europeiste con il voto contrario dei sovranisti, per l’Italia da parte della Lega e dei Fratelli d’Italia.

C’erano una volta la Svezia e il Parlamento europeo
Franco Chittolina, sociologo, ha lavorato per 25 anni nelle istituzioni europee

Altre deliberazioni del Parlamento meritano di essere segnalate, come l’adozione dei Rapporti sui diritti dell’uomo e della democrazia nel mondo, sulla messa in opera delle politiche estere, di sicurezza e difesa comune. Non meno importanti, per gli sviluppi politici attesi nei prossimi mesi, le audizioni sulle infrazioni allo stato di diritto e alla democrazia in corso in Polonia e Ungheria dove proseguono le derive autoritarie dei due governi a fronte di una crescente mobilitazione popolare di protesta.

Tanta roba tra Bruxelles e Strasburgo, a testimoniare di una ripartenza del cantiere comunitario in un momento di crescenti turbolenze nel mondo e ai nostri confini.

Franco Chittolina

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