Caterina e l’emozione di cucire le mascherine

Caterina e l’emozione di cucire le mascherine

RICCA Caterina Bergese ha sempre avuto la passione per il cucito e il ricamo e questo le ha permesso di mettere a frutto la propria creatività, ma anche di offrire un servizio agli altri, per tanti anni realizzando manufatti nel gruppo missionario locale, che sostiene la missione dove opera suor Luigina Bodda, di Ricca. Ma Caterina non avrebbe mai immaginato, ai tempi del coronavirus, di ritrovarsi a realizzare mascherine per la comunità disabili L’accoglienza, di località Gaiole, dove lavora suo figlio Andrea. Caterina è nata a Cherasco, ma abita a Ricca con il marito Franco da 42 anni. Ha tre figli e due nipoti.

Caterina, dove ha imparato a cucire?
«Fin da bambina ho avuto la passione del cucito e del ricamo. Ho imparato da mia mamma e in seguito mi sono perfezionata da una cugina che faceva la sarta. A quei tempi non c’era la possibilità di avere tante cose, allora io me le realizzavo. Una volta ho persino realizzato una borsa di cartoncino. La necessità aguzza l’ingegno! Quando in parrocchia è nato il gruppo missionario, ho dato il mio contributo, cucendo di tutto: centrini, bavaglini e asciugamani. È la mia passione. Negli ultimi anni ho cucito più che ricamato, perché avevo bisogno di realizzare in fretta».

Come mai sta cucendo delle mascherine?

«La comunità L’accoglienza di Ricca, dove lavora e passa alcuni week-end mio figlio Andrea, ragazzo disabile, mi ha chiesto aiuto per realizzare alcune mascherine, perché ne erano sprovvisti. Mi sono subito resa disponibile. Ho trovato prontamente altre collaboratrici e amiche di Ricca: Bruna Pittatore, Laura Marengo, Marida Bertorello, Giacometta Santangelo e mia cognata Bruna Rapalino, che non è di Ricca, ma ha partecipato».

Come ha realizzato le mascherine? Ha avuto indicazioni tecniche in merito?
«Le mascherine sono state realizzate con Tnt, il tessuto non tessuto che si usa nell’orto quando fa freddo. È stato indicato da una biologa, cugina del direttore della comunità, in quanto si tratta del tessuto che si avvicina di più a quello omologato. Sembra sia traspirante e idrorepellente. Le mascherine sono sterilizzabili in una soluzione di acqua e Amuchina per 15 minuti, si asciugano e sono riutilizzabili. Le usano gli utenti e gli operatori della comunità in attesa di ricevere quelle omologate. Ne abbiamo già fatte circa 500».

Avrebbe mai pensato di trovarsi un giorno a realizzare mascherine? Quali emozioni ha provato in questa nuova esperienza?
«Mai avrei pensato di fare mascherine nella mia vita. Questa iniziativa mi ha dato un’emozione fortissima: sentirsi utili in momenti come questi è importante. Avevo riprogrammato la quotidianità nel periodo dell’emergenza progettando pulizie, cassetti da riordinare e mille altre cose. Invece mi ritrovo a cucire mascherine tutto il giorno. Però il mio cuore vola leggero, perché so che nel mio piccolo sono di aiuto a qualcuno». Mascherina dopo mascherina, si spargono senz’altro generosità e positività.

Giorgia Barile

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