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Secondo la Cgil sono 1.400 aziende che hanno chiesto una deroga per restare aperte

Coronavirus Piemonte, il numero dei guariti sale a dieci, diciassette nuovi decessi e 312 ricoverati in terapia intensiva

CUNEO Parte dalle parole del segretario nazionale Maurizio Landini la nota della segreteria Cgil della Granda: «Sappiamo che non dobbiamo mettere a repentaglio la struttura industriale del nostro Paese ma non possiamo rischiare di trasformare la paura in rabbia quando il contagio si sta allargando anche sui luoghi di lavoro».

«Il decreto del Governo in materia di emergenza Covid-19, emanato dopo un lungo e sofferto confronto con i sindacati e la resistenza di Confindustria, ha deciso la chiusura delle attività non essenziali – decisione necessaria richiesta da una situazione straordinaria – prevedendo una lunga lista di attività indispensabili con permesso di continuare la produzione» spiega la segreteria del sindacato aggiungendo che «sempre più aziende si rivolgono ai Prefetti per riprendere l’attività produttiva, si appellano al principio della deroga al decreto per essenzialità della produzione, chiedendo il permesso di far ritornare lavoratrici e lavoratori nelle fabbriche».

«I numeri sono da capogiro, le richieste di deroghe una valanga», prosegue la nota sindacale. «Se a Bergamo si parla di 1.800 domande, a Brescia di 2.980, la nostra provincia conta un totale di 1.400 richieste di deroga inviate al Prefetto di Cuneo, tutte aziende che autocertificano di fornire produzioni essenziali. Troppe richieste sulle quali Cgil, Cisl e Uil provinciali stanno vigilando con grande attenzione segnalando tutti i casi che non rispondono ai requisiti previsti, continuando contemporaneamente il controllo sul rispetto del protocollo in materia di sicurezza firmato da Governo e parti sociali e alla sua corretta applicazione.  Ci battiamo a fianco dei lavoratori per tutelare la loro salute e per impedire che una presenza concentrata di migliaia di persone in aziende con produzioni non essenziali, favorisca una escalation di contagi, con conseguenze catastrofiche dal punto di vista umano e economico. La classe imprenditoriale deve essere lungimirante: ripartire anzitempo, oggi, rischia di allontanare ulteriormente la fine dell’emergenza sanitaria e di ipotecare il futuro del sistema produttivo».

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