Con meno consumi la coscienza è green

Erica studia il rapporto tra persone, Covid-19 e ambiente: l’inquinamento dell’aria aumenta l’aggressività del virus, bisogna reagire usando meno l’auto e piantando più alberi

Con meno consumi la coscienza è green

SOCIETÀ CHE CAMBIA  È possibile che la quarantena abbia inciso sul rapporto delle persone col pianeta e col concetto di salute? È la domanda cui risponde la cooperativa Erica, gruppo con sede ad Alba impegnato nella battaglia ambientalista, dopo aver raccolto il parere di quasi mille italiani, in maggioranza piemontesi.

Dalla ricerca emerge come siano mutati i comportamenti di acquisto. Prima dell’emergenza la maggioranza delle persone comprava nei mercati rionali (63%) o in centri commerciali di città vicine (39%) più che nella propria (24,6%), oppure nei negozi di prossimità (31,9%). Solo il 5,2% dichiara acquisti su Internet.

Con mercati chiusi e obbligo a non varcare i confini urbani quasi tutti fanno la spesa nel circondario, riducendo drasticamente la mobilità e la CO2 prodotta. L’ambiente respira dopo molti anni di ingolfamento.

Non cambia solo dove si acquista, ma anche cosa: il 44% del campione compra più frutta e verdura, con parallelo incremento (per il 69% degli intervistati) della produzione di rifiuti organici. Il 22% dice di non aver cambiato la propria dieta, il 16% compra meno carne (la cui filiera produttiva incide in modo negativo sull’ambiente), il 15% meno pesce. Il 40% del campione dice di cucinare di più, solo il 6% consuma più birra e il 7% più vino.

Un aspetto critico riguarda gli acquisti di acqua in bottiglia di plastica, in aumento del 10%. Il conseguente incremento dei rifiuti di plastica è rilevato dal 59% del campione. In sostanza 2 persone su cinque ammettono di produrre più rifiuti.

L’abitudine alla raccolta differenziata non ha subito grosse modifiche e si assiste a una progressione nella consapevolezza dei parametri di salute, non solo riguardo a sé stessi ma anche all’ambiente.
Se questo sia causato dalla paura (la pandemia ha un effetto rivelatore sulla fragilità umana e dell’ecosistema) oppure dal desiderio di solidarietà e rispetto degli altri, è presto per dirlo. Parliamo con Roberto Cavallo, amministratore delegato della cooperativa Erica.

Perché le persone sembrano aver adottato comportamenti più salutistici e rispettosi della natura?

«La risposta non è semplice. Fare la spesa nei negozi di prossimità o con la consegna a domicilio sottrae potere alla più classica delle strategie di marketing: l’arte di disporre i prodotti sugli scaffali per condizionare la scelta. Senza scordare che in questo periodo le persone hanno più tempo per ponderare i propri acquisti. Scegliamo prodotti che nell’immaginario fanno stare meglio, primi fra tutti frutta e verdura. Sui social uno degli argomenti più condivisi è proprio il cibo».

Abbiamo di fronte un’opportunità di reinventarci. Ce la faremo?

«Il Covid-19 ci sta insegnando molto, sta a noi imparare. Sono stupito dalla reazione emotiva di fronte a un fenomeno molto dannoso (165mila morti nel mondo al momento di questa intervista), ma dal punto di vista statistico irrisorio rispetto a drammi molto più gravi. Ad esempio l’inquinamento, che provoca 7 milioni di morti l’anno nel mondo di cui oltre 80mila in Italia. Non sono cinico, sono vicino a tanti amici che hanno perso i loro cari e ho pianto con loro e per loro. La pandemia è raccontata in contemporanea in tutto il mondo con enfasi: fattore positivo, perché altrimenti i morti sarebbero potuti essere qualche milione. Ma perché altri fenomeni più dannosi non vengono raccontati, e quando qualcuno osa farlo, che sia una ragazzina di 16 anni o un climatologo con il papillon, ci infastidiamo, giriamo la pagina del giornale o cambiamo canale? Non so se impareremo qualcosa, stavolta ho qualche perplessità».

Quale la sua impressione soggettiva su Langhe e Roero, come reagisce la gente?

«Non posso dire molto, perché dal 9 marzo non mi sono mai allontanato oltre i 200 metri da casa. L’impressione è che gli albesi abbiano mostrato rispetto delle istituzioni e grande senso di appartenenza e identità. È ormai conclamato che la maggior letalità da Covid-19 si è registrata nelle regioni con maggior inquinamento atmosferico. Ora dovremmo evitare di tornare alla “normalità” di prima. Chi governa i territori deve riorganizzare subito la mobilità, contenendo al massimo quella automobilistica e privilegiando quella pedonale e ciclabile. Approfittando dell’estate, sarà necessario riconvertire i sistemi di approvvigionamento energetico puntando sul solare, e in autunno lanciare una campagna straordinaria di piantumazione, così da contenere polveri sottili e microinquinanti, in modo che il prossimo virus abbia meno vettori per diffondersi».

Matteo Viberti

Banner Gazzetta d'Alba