Affitti: lo Stato non sente e la Regione non risponde

Daniele Racca, del Sicet Cisl: «Nel decreto Rilancio mancano gli aiuti per gli inquilini: il bonus, infatti, riguarda solo le locazioni commerciali. Ma l’emergenza sanitaria ha rivelato un problema»

Affitti: lo Stato non sente e la Regione non risponde

CASA «Nel decreto Rilancio, pubblicato la scorsa settimana, mancano gli aiuti per gli inquilini: il bonus affitti riguarda soltanto le locazioni commerciali. In Italia l’80 per cento delle persone vive in case di proprietà e lo Stato considera gli altri una minoranza». Lo spiega Daniele Racca, segretario provinciale del Sicet, organizzazione della Cisl che dà voce agli affittuari. L’argomento locazioni è delicato, in rapporto all’emergenza Covid-19.

«Secondo i nostri calcoli servono 400 milioni di euro per un fondo da utilizzare per tamponare l’emergenza affitti. Il decreto, invece, ha destinato i finanziamenti, 140 milioni, a strumenti esistenti. Con queste procedure, i tempi della burocrazia non permetteranno agli affittuari di avere risposte celeri», prosegue Racca. Il sostegno per chi ha difficoltà con il contratto d’affitto passa oggi attraverso due formule: il fondo di morosità incolpevole e quello per il sostegno alla locazione. Il primo si attiva soltanto se chi affitta non riesce a pagare il canone, perché ha perso il lavoro o ha avuto forti riduzioni delle entrate. «La procedura di sfratto dev’essere in corso», spiega Racca. Il moroso deve cioè aver accumulato un ritardo di 3 mesi nei pagamenti: «In alcuni casi si arriva a un nuovo contratto, con la riduzione dell’affitto». Il denaro del fondo viene destinato al risarcimento del proprietario per gli arretrati.

Affitti: lo Stato non sente e la Regione non risponde 1Per accedere al sostegno alla locazione, bisogna invece rispettare i parametri Isee. L’indicatore non deve superare la quota di 13.338 euro, fissata dalle normative nazionali, e non è l’unico criterio. Racca: «Un esempio: se una famiglia ha uscite pari a 6mila euro in canoni, a fronte di un reddito di 12mila avrà diritto a un rimborso pari al 22 per cento della spesa totale. Questo perché il canone incide sul 50 per cento del reddito annuo». Entro il 30 settembre si potranno presentare, agli sportelli Caf, le richieste per il sostegno: il problema però è che il calcolo avviene sui redditi del 2019. «Le persone che non riescono a pagare l’affitto sono in difficoltà oggi. E chi ha perso il lavoro per l’emergenza Covid-19, magari lo scorso anno aveva un buon reddito», prosegue Racca. A tutto questo si aggiungono i tempi di attesa e l’incremento delle domande, con la relativa contrazione delle quote rimborsate. «I soldi sono stanziati da Roma; si deve poi attendere la ripartizione: se vogliamo essere ottimisti, presentando le richieste entro la scadenza del 30 settembre, i primi rimborsi arriveranno a fine anno o a inizio 2021. Troppo tardi!».
Le domande di accesso al fondo sono aumentate: «Gli inquilini hanno iniziato a ricevere prima la metà dei rimborsi pattuiti, poi il 30 per cento. Oggi aspettano mesi per avere, a volte, un centinaio di euro», prosegue Racca. Insomma chi è in difficoltà con il canone in questo momento ha solo due opzioni: «O trova un accordo privato con il proprietario, che riduce l’affitto, o non paga. A quel punto c’è il Tribunale: ci sentiamo impotenti, perché dobbiamo rispondere alle persone che ci chiedono aiuto, ma non c’è nulla che possiamo fare».

Non si tratta però di una situazione figlia unicamente dell’emergenza coronavirus. «Da un anno non riusciamo a incontrare l’assessore regionale per la casa: ci sembra di parlare con un muro. Nessuno in Regione risponde», conclude Racca. L’ultima lettera inviata da Sicet, Sunia e Uniat – sigle di Cisl, Cigl e Uil impegnate nella tutela degli inquilini – è ancora in attesa di una risposta ufficiale.

Il presidente Alberto Cirio, da noi interpellato, precisa: «Nel piano Riparti Piemonte, 15 milioni di euro sono stati destinati alla costituzione di un fondo per il sostegno agli affitti. Ci stiamo inoltre attivando per ottenere da Roma lo stanziamento di ulteriori risorse per il comparto».

Nessuna indicazione, invece, viene data per quanto riguarda le tempistiche del dialogo con le parti sindacali firmatarie della lettera.

Ad Alba il Comune fa da garante

Accordo territoriale: ad Alba, come nelle altre realtà ad alta densità abitativa della provincia, è realtà dal 2016. Negli scenari di difficoltà che si profilano per chi vive in bolletta, potrebbe essere un aiuto, non solo nell’immediato. Il protocollo nasce, infatti, per mediare fra domanda e offerta, fissando una soglia massima dei canoni d’affitto. In sostanza il Comune fa da garante, con una serie di misure di sostegno economico, all’intesa fra inquilini e locatari, una formula che sta prendendo via via piede.

«Ogni anno vidimiamo almeno 300 contratti di questo tipo: in città la maggior parte dei proprietari di Affitti: lo Stato non sente e la Regione non risponde 2più appartamenti preferisce passare alla formula calmierata». Franco Sallemi guida la sezione albese del Sunia, l’associazione degli inquilini di Cgil. «L’accordo, scaduto a fine 2018, è stato prorogato fino a marzo e verrà rinnovato a ottobre, dopo il rinvio causa Covid-19».

Le ragioni di questo piccolo successo si trovano nel sistema di garanzie alle parti: il canone viene ridotto rispetto ai valori praticati sul libero mercato, ma i proprietari possono compensare le perdite. Come? «I locatori hanno diritto a una riduzione consistente sull’Imu, inoltre la tassazione passa dal 21 al 10 per cento. Chi affitta non ci rimette e l’inquilino ha una casa a prezzi più bassi», prosegue Sallemi.

Alba è stata divisa in sei zone. Il canone è calcolato sul costo al metro quadrato che oscilla fra tre fasce di valore per ciascuna area. «Un appartamento in via Maestra, zona uno, può arrivare a costare 6 euro e 91 centesimi al metro; in zona sei superiamo di poco i 2», riprende il dirigente sindacale. «La fascia più bassa, sempre in zona uno, parte da 3 euro e 48 centesimi, quella intermedia paga 4 euro e 85 centesimi. La classificazione è in base alle caratteristiche dell’immobile».

L’adesione alla procedura è volontaria, il proprietario sa che non può sforare i 550 euro di canone: «Se vuole di più, affitta sul mercato libero». Il contratto dura cinque anni: a ottobre saranno rinegoziati alcuni indicatori. Il tetto massimo degli affitti dovrebbe scendere a 500 euro al mese e si pensa alla riclassificazione di alcuni quartieri e vie. «Ad esempio corso Nino Bixio è in zona tre, la stessa di via Santa Rosalia, nonostante ci siano 2 chilometri in meno per arrivare in centro. Lo stesso per corso Bra».
L’alternativa sono i contratti liberi, una concessione di quattro anni rinnovabile per altri quattro: «In quel caso il proprietario può chiedere la somma che preferisce, ma non è certo di averla. Nel caso dell’accordo territoriale, invece, in caso di morosità incolpevole il Comune rimborsa», conclude Sallemi.

Il mercato sembra già ripartito dopo il coronavirus

«L’impressione è che il mercato delle locazioni sia ripartito: stiamo lavorando come a gennaio, in questi giorni abbiamo avuto nuove richieste. Temo che le conseguenze sugli affitti si faranno sentire quando saranno esauriti gli ammortizzatori sociali: in quel momento avremo, forse, un aumento dei morosi».

Parla l’agente immobiliare Michele Canale, che presiede la sezione albese di Asppi, sigla che raggruppa i piccoli proprietari di immobili. «La tendenza di queste settimane, è di affidarci gli immobili, prima utilizzati per gli affittacamere, per le locazioni a termine. Si auspica la ripresa del mercato post pandemia».

Affitti concordati o canone libero? L’accordo albese territoriale piace: «Una soluzione che ci chiedono soprattutto persone per le quali pagare 60 o 70 euro in meno al mese può fare la differenza. Gli affitti agevolati, inoltre, danno diritto a contributi a fondo perduto erogati da Comuni e fondazioni».

Alba è una città divisa in due bacini d’utenza: chi ha maggiori possibilità ricorre al libero mercato. Canale: «Sugli alloggi medi la forbice fra canone agevolato e libero non è così ampia. Se parliamo di trilocale con doppio bagno ristrutturato è altra cosa: il costo può arrivare a oltre 700 euro ogni mese».

Davide Gallesio

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