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L’unico re che libera da disuguaglianze e morte

L’unico re che libera da disuguaglianze e morte
Cristo in trono con i 4 evangelisti, la Madonna e gli apostoli (Mosaico dal Museo copto del Cairo).

PENSIERO PER DOMENICA – SOLENNITÀ CRISTO RE – 22 NOVEMBRE

La festa di Cristo re che sempre chiude l’anno liturgico è l’occasione per metterci seriamente di fronte a lui, per analizzare la nostra vita, anticipando idealmente la scena del Giudizio finale che Matteo ha scelto come messaggio conclusivo dell’insegnamento di Gesù (Mt 25,31-46). I sentimenti con cui noi andiamo a questo confronto sono espressi molto bene dalle tre letture.

 Smarriti dalle circostanze. Ezechiele (34,11-17) si rivolge ai deportati a Babilonia. Uomini e donne che fino a poco prima erano liberi di muoversi, di scegliere il proprio stile di vita, di gestire con serena libertà le loro relazioni, di colpo si sono ritrovati in una condizione di schiavitù, privati di tutte le libertà. È la sensazione di tanti nel nuovo lockdown, imposto nel tentativo di frenare il contagio. Siamo tornati “schiavi” di un padrone invisibile, ma non meno terribile: il virus. Il messaggio del profeta è un invito alla speranza: Dio non ci ha abbandonati, anzi continua a prendersi cura di noi. Non però come un mago con tanto di bacchetta magica. Come allora, anche oggi ci vorrà tempo. La pazienza si alimenta di speranza e di tenerezza, che possono rendere vivibili condizioni di vita altrimenti molto dure.

L’unico re che libera da disuguaglianze e morte
Cristo in trono con i 4 evangelisti, la Madonna e gli apostoli (Mosaico dal Museo copto del Cairo).

Angosciati di fronte alla morte. Lo stato d’animo dei Corinzi, a cui Paolo rivolge il suo messaggio (1Cor 15,20-28) è anche il nostro. La morte fa ancora paura. Negli ultimi decenni abbiamo tentato di nascondere non solo la realtà, ma anche il pensiero inquietante della morte. Ora essa è tornata al centro della scena: pensiamo ai titoli di apertura di tutti i Tg o ai discorsi al riparo delle mascherine. A questa paura, Paolo contrappone il messaggio liberante della risurrezione di Gesù, promessa e caparra della nostra. Con un realistico avvertimento: con la morte dovremo continuare a fare i conti, perché sarà l’ultimo nemico a essere annientato.

Inerti di fronte alle ingiustizie. Al centro della scena del Vangelo c’è uno spaccato delle ingiustizie umane: gente che soffre la fame, la sete, la malattia, la mancanza di vestiti, che vive il dramma dell’emigrazione… Da molte fonti abbiamo appreso che la pandemia ha accentuato questi problemi, facendo crescere, nel mondo, le disuguaglianze già esistenti. Il messaggio di Gesù è molto semplice e chiaro: noi saremo giudicati in base alla risposta data a queste emergenze. È in gioco il destino nostro e della storia. Siamo dunque chiamati in causa sia come singoli e sia come comunità cristiana, per essere oggi il segno efficace della cura e della sollecitudine che Dio ha verso tutti.

 Lidia e Battista Galvagno

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